mercoledì 6 aprile 2016
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ROMA Questa volta parla al popolo del web, Matteo Renzi. E al milione di utenti che lo contattano su Twitter e Facebook, lo interrogano e a volte lo insultano, ripete i concetti della direzione del giorno prima, ma più ponderati e calibrati. Specie quando il premier entra nel campo della giustizia. «Io voglio bloccare i ladri, voglio che finiscano in galera, ma non voglio bloccare le opere, perché se blocco le opere pubbliche e private il Paese è finito». Ed è per questo, spiega dal suo studio, che «voglio una giustizia rapida perché non ne posso più di un Paese in cui le sentenze non arrivano, si bloccano le opere pubbliche e i ladri stanno fuori». Tra chi attende c’è anche il 'babbo' del capo del governo, Tiziano: «Mio padre come tutti aspetta la giustizia, che sia la più rapida e la più giusta possibile». A replicare è il presidente della sezione Basilicata dell’Anm. «Le dichiarazioni di Renzi sono inopportune nei tempi ed inconsistenti nei fatti», dice Salvatore Colella. Dunque, il caso Trivelle con annessi e connessi resta incandescente. Tanto che la visita a Matera viene annullata, e ad annunciarlo è lo stesso premier-segretario. Che oggi sarà a Napoli. «Spero che de Magistris venga alla cabina di regia su Bagnoli. Ha detto cose inaudite su di me, ma siamo per la pace, è l’anno della Misericordia, se verrà lo accoglierò a braccia aperte», commenta. Meno accondiscendente con quanti scrivono ingiurie sui social. «Vorrei ringraziare i tanti trollse i tanti fakes che passano la giornata a insultare. Penso che la vostra vita sia drammatica, e siamo orgogliosi del servizio sociale che stiamo facendo nei vostri confronti e che vi permette di sposare una buona causa, quella di insultare gli altri». È ancora un premier all’attacco, dunque. Con la certezza di aver fatto bene su Tempa Rossa e di auspicare il «fallimento» del referendum. «Sono orgoglioso di aver sbloccato questi provvedimenti » sulle trivelle. La consultazione popolare, però, «potrebbe bloccare 11mila posti di lavoro ». Ed è proprio l’attenzione del suo governo al lavoro il timbro di sinistra del suo esecutivo, dice. La parola chiave, allora, è «Jobs act», sottolinea il segretario del Pd, che pur avendo subito un pesante attacco verbale dalla sua minoranza, non rinuncia alla strategia tenuta fin qui. Dall’altra parte, sotto i riflettori di Porta a Porta, Maria Elena Boschi viaggia sullo stesso binario. Più «tosta» di Matteo Renzi? «No, lui è il più tosto di tutti », replica riferendosi al presidente del Consiglio. Come Renzi, anche il ministro delle Riforme torna alle vicende paterne per Banca Etruria. «Do per scontato che ci sarà una evoluzione » nella vicenda giudiziaria «di mio padre. Immagino un’azione di responsabilità. Ma questo non riguarda il mio lavoro. Io devo rispondere di quanto faccio nel mio lavoro ed essere giudicata per il mio lavoro in Parlamento», spiega Boschi. «Io rispondo del mio operato e vorrei essere giudicata per quello che ho fatto, e ho mostrato di avere agito con onestà». Ma il vero problema nel Pd è recuperare l’opposizione interna per una battaglia comune, a pochi giorni dalle amministrative. «Non me lo aspettavo da Cuperlo» un attacco così duro come quello in Direzione, ragiona il ministro. «Ma nel nostro partito non ce le mandiamo a dire... Molti altri partiti non hanno questo tipo di confronto, noi discutiamo». Quanto alle mozioni di sfiducia, nessun problema: «Le mozioni di sfiducia sono ormai un genere letterario, ce ne è una alla settimana, individuale o collettiva. Le opposizioni sono concentrate solo su questo», commenta Boschi. © RIPRODUZIONE RISERVATA
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