sabato 25 luglio 2020
Ecco com'è nata l'inchiesta e cosa c'entra la società del cognato. Opposizioni all'attacco
Attilio Fontana, presidente della Lombardia

Attilio Fontana, presidente della Lombardia - Fotogramma

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Il governatore lombardo Attilio Fontana è indagato dalla Procura di Milano nell'ambito dell'inchiesta sulla fornitura di camici e altro materiale sanitario per 500mila euro da parte della Dama spa. La società è di proprietà del cognato di Fontana, Andrea Dini, e la moglie del governatore ha una quota del 10%. L'ipotesi di reato contestata a Fontana dal procuratore aggiunto Maurizio Romanelli e dai pm Paolo Filippini, Luigi Furno e Carlo Scalas è frode in fornitura pubblica.

I magistrati milanesi hanno iniziato a indagare sulla vicenda dopo aver ricevuto una segnalazione di operazione sospetta datata 22 maggio tramite l’Unità di informazione finanziaria (Uif) di Banca d'Italia e hanno incaricato il nucleo Valutario della Guardia di finanza di fare un approfondimento. La vicenda, poi, è stata portata alla luce dalla trasmissione Report, che nella puntata dell'8 di giugno aveva ricostruito il "caso camici".

Fontana avrebbe avuto un "ruolo attivo", da quanto si è appreso da fonti giudiziarie, non tanto nelle fase di assegnazione della commessa alla società di famiglia, quanto nelle fasi successive. Il 19 maggio avrebbe disposto un bonifico a favore della società del cognato da 250mila euro tramite l'Unione Fiduciaria, che amministra parte del capitale che il governatore avrebbe "scudato" in Svizzera nel 2015. Bonifico che, nelle intenzioni di Fontana, avrebbe dovuto coprire i costi di produzione e parte del mancato guadagno per i 75mila camici destinati ad Aria, la centrale acquisti di Regione Lombardia, la cui fornitura era stata pattuita il 26 aprile tramite un'assegnazione diretta.

Il giorno successivo, il 20 maggio, la Dama Spa manda una mail ad Aria comunicando l'intenzione di donare i quasi 50mila camici già consegnati, rinunciando a farsi pagare. L'Unione Fiduciaria non aveva fatto partire il bonifico perché in base alla normativa antiriciclaggio non ci sarebbe stata una causale o una prestazione coerente con l'attività svolta da un soggetto "sensibile" come Fontana per il suo incarico politico. Da qui a una segnalazione allo Uif di Banca d'Italia il passo è stato breve, segnalazione che di fatto ha dato il via alle indagini.

Fontana ha sempre sostenuto di non avere saputo in anticipo del contratto con l’azienda del cognato. E di essersi attivato, una volta a conoscenza, per trasformarla in donazione alla Regione. Una posizione ribadita anche ieri dal suo legale. “Quando è venuto a sapere della fornitura, per evitare equivoci gli ha detto di trasformarla in donazione e lo scrupolo di aver danneggiato suo cognato lo ha indotto in coscienza a fare un gesto risarcitorio". L’avvocato Jacopo Pensa, legale di Fontana, ha spiegato in questo modo la decisione del governatore. “Non sono in grado di capire dove sia il reato – ha aggiunto il legale - ma i pm sanno quello che devono fare ed evidentemente sono state fatte indagini che hanno implicato l'iscrizione a garanzia dell'indagato”.

Fontana, quando era stata resa nota la sua iscrizione nel registro degli indagati, aveva ribadito la correttezza del proprio agire. “Sono certo – ha scritto sul suo profilo Facebook - dell'operato della Regione Lombardia che rappresento con responsabilità”.

E intorno a lui si è stretto subito il segretario leghista Matteo Salvini che ha parlato espressamente di malagiustizia. “Attilio Fontana – ha detto il leader leghista - indagato perché un'azienda ha regalato migliaia di camici ai medici lombardi. Ma vi pare normale? La Lombardia, le sue istituzioni, i suoi medici, le sue aziende e i suoi morti meritano rispetto. Malagiustizia a senso unico e "alla Palamara", non se ne può più". E vicinanza è stata espressa anche dalla giunta lombarda e dall’assessore Raffaele Cattaneo, responsabile della task-force che aveva il compito di trovare i sistemi di protezione individuale (camici, guanti e mascherine in primis) da dare ai medici lombardi nel pieno dell’emergenza Covid. “Esprimo – ha detto Cattaneo - la mia solidarietà nella certezza della correttezza assoluta dei comportamenti suoi e di tutti noi".

Le opposizioni vanno all’attacco. Per il capogruppo in Regione del Movimento 5 stelle, “la giunta andrebbe azzerata perché non è in grado di gestire la Regione. La Lega andrebbe tenuta lontana dai pubblici uffici e per questo motivo la Giunta Fontana deve dimettersi". Duro anche il Pd lombardo. “Fontana ha mentito ai lombardi? I casi sono due, o può smentire in modo convincente o prenderemo atto che si è definitivamente rotto il rapporto di fiducia con i cittadini", ha detto il segretario regionale del Pd della Lombardia, Vinicio Peluffo.

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