mercoledì 25 ottobre 2017
Le ong accusano e annunciano ricorso al Tar: fondi destinati a prevenire le cause della migrazione invece usati per fornire equipaggiamento a militari e polizie, solo le bbriciole alla cooperazione
Il giallo dei tre miliardi per l'Africa finiti in aiuti militari
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«Invito gli Stati membri ad unire il gesto alla parola e a fare in modo che il fondo fiduciario per l’Africa non si esaurisca». L’appello lanciato dal presidente della Commissione Ue Jean Claude Juncker un mese fa era accorato. Ma quale strada hanno preso davvero i 3 miliardi del primo stanziamento?
«Il Fondo fa esattamente il contrario», sostiene Global Health Advocates, una Ong che si occupa di lotta contro le malattie derivanti dalla povertà e dalla disuguaglianza, sostenuta in questa denuncia anche dall’Associazione studi giuridici sull’immigrazione (Asgi) e dalla testata online Osservatorio Diritti. La prossima settimana Asgi depositerà un ricorso al Tar per contestare l’uso di quei fondi, che sulla carta hanno l’obiettivo di finanziare programmi a lungo termine per sradicare la povertà e prevenire l’emigrazione. Ma non di rado finiscono ad addestrare militari e fornire armi per fermare i migranti con il rischio, come in Libia, di sostenere milizie con intenzioni poco pacifiche.
Che questo fiume di euro venga gestito con metodi controversi lo segnalano anche diverse fonti diplomatiche. Soldi che avrebbero potuto essere indirizzati ad esempio a creare posti di lavoro e produrre sicurezza economica e sanitaria, sono finiti a sostenere la cooperazione militare. «L’ultimo finanziamento in ordine di tempo, per esempio, è quello da 2,5 milioni di euro destinato dal ministero dell’Interno italiano alle autorità libiche per migliorare - sostiene Osservatorio Diritti – la gestione delle frontiere e dell’immigrazione, incluse la lotta al traffico di migranti e le attività di ricerca e soccorso. Soldi da usare per la rimessa in efficienza di cinque motovedette e corsi di addestramento per 22 militari libici da tenersi a La Spezia e ai Cantieri navali Vittoria di Biserta, in Tunisia».


Leggendo le decine di pagine dei decreti di finanziamento «appare chiaro un vero e proprio sviamento di poteri», dice Giulia Crescini, avvocato dell’Asgi che annuncia l’esposto al Tar. «Questi fondi sono stati concessi al ministero degli Affari esteri con una dotazione finanziaria di 200 milioni per l’anno 2017 – spiega – e inseriti nella legge di bilancio per interventi straordinari volti a rilanciare il dialogo e la cooperazione con i Paesi africani d’importanza prioritaria per le rotte migratorie». Nonostante questo, una parte sono comunque finiti alla cooperazione grazie alla determinazione fra gli altri del vice ministro degli Esteri e della Cooperazione internazionale, Mario Giro.
Tuttavia gli atti «mostrano chiaramente che i fondi sono stati utilizzati per altre finalità. Dalla fornitura e riparazione delle motovedette, all’addestramento della guardia costiera libica e tunisina», insistono i reporter di Osservatorio Diritti. Non una distrazione di fondi in senso stretto, ma una «deviazione» imposta per ragioni di interesse politico, che a dire dell’Asgi fa sussistere «tutte le condizioni affinché sia la Corte dei Conti, sia il Tar del Lazio, giudichino illegittimi i provvedimenti emanati».
Fanny Voitzwinkler, responsabile per la Ue della Global Health Advocates, parla di «processo poco trasparente, che contraddice i principi di buona governance: nessun bando pubblico per l’assegnazione dei fondi, nessuna consultazione con gli attori locali, priorità data a progetti a breve termine, sviluppo di strategie retroattive quando ormai la maggior parte dei fondi è già stata assegnata».
Come siano state assegnate finora dall’Italia queste disponibilità l’ha anche domandato Lia Quartapelle, capogruppo del Pd in Commissione Esteri. «Le risorse finora deliberate a valere sul Fondo per l’Africa, circa 140 milioni di euro, sono state distribuite primariamente – si legge nella risposta della Farnesina all’interrogazione – a favore del Niger, il 48 per cento delle risorse deliberate; della Libia (il 28 per cento), della Tunisia e del Ciad, rispettivamente, per l’8,5 e il 7%». Con una predilezione per il supporto politico militare, finalizzato a bloccare le rotte migratorie, non le cause degli esodi africani.

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