sabato 2 maggio 2020
Erano già stati arrestati la scorsa estate. I braccianti trattati in modo disumano. Il procuratore di Foggia: "Necessaria la regolarizzazione di questi lavoratori"
Braccianti ancora sfruttati: operazione a Foggia

Braccianti ancora sfruttati: operazione a Foggia - Reuters

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Il coronovirus non ferma lo sfruttamento dei braccianti. Il giorno dopo la festività del Primo Maggio "dedicata ai lavoratori e, soprattutto, ai loro diritti", come si evidenzia in un comunicato, i Carabinieri del Comando Provinciale di Foggia, su direzione della Procura della Repubblica, hanno arrestato tre imprenditori agricoli italiani e un caporale gambiano, con l'accusa di intermediazione illecita e sfruttamento del lavoro, e impiego di manodopera irregolare. Operazione "White labour", "a voler valorizzare il contrasto con il fenomeno del cosiddetto “lavoro nero”", frutto dell'impegno della "task force anticaporalato" costituita da personale dei carabinieri di Foggia, guidata dallo specifico gruppo di lavoro della Procura. Quello che emerge, ci spiega il procuratore Ludovico Vaccaro, "è la condizione disumana, indegna, in cui lavoravano e vivevano i braccianti immigrati".

Oltre cinquanta lavoratori stranieri, in prevalenza africani e indiani, quasi tutti reclutati neighetti”, come Borgo Mezzanone e Torretta Antonacci, e impiegati in diverse aziende agricole tra Foggia e San Giovanni Rotondo. "Sottoposti a condizioni “degradanti” e di sfruttamento, facendo in particolare leva sul relativo stato di bisogno, in dispregio delle più basilari norme in materia di sicurezza e salute sui luoghi di lavoro". Pagati tra 3,5 e 6 euro l'ora, fino a 13 ore al giorno, per tutta la settimana. A sfruttarli imprenditori recidivi. Infatti una delle aziende agricole sottoposte ad indagini, situata tra Foggia e Manfredonia, era stata già oggetto, l’estate scorsa, di un'attività investigativa conclusa con l’arresto ai domiciliari del titolare e del fratello, e la sottoposizione a controllo giudiziaria dell’azienda, tuttora in atto. Ora i due fratelli sono finiti in carcere. Infatti malgrado l'amministrazione giudiziaria, non avevano cambiato condotta. Come scrive il Gip "hanno dimostrato totale disinteresse per i precetti penali e la tutela dell’incolumità individuale dei braccianti, perseverando nella condotta di approfittamento del loro stato di bisogno".

Durante l’ultimo blitz svolto dai Carabinieri sono stati individuati 5 lavoratori stranieri sprovvisti di regolare permesso di permesso di soggiorno e altri assunti addirittura sotto falso nome. Su questo Vaccaro si dice "perfettamente d'accordo con quanto auspicato dal procuratore nazionale antimafia, Cafiero de Raho, sulla necessità di arrivare al più presto alla regolarizzazioni dei lavoratori immigrati". Anche nell’altra azienda agricola, nel comune di San Giovanni Rotondo, gli investigatori hanno accertato un sistema criminale ben organizzato. Il titolare, di nazionalità italiana, in concorso con un caporale del Gambia, "assumeva ed impiegava cittadini stranieri in condizioni lavorative precarie, disposti ad accettare retribuzioni ben al di sotto dei livelli minimi di paga salariale". Inoltre, malgrado l'emergenza Covid-19, "senza l’utilizzo di dpi o di materiale per il soccorso sanitario, in ambienti in pessimo stato igienico". All’interno di un’azienda erano stati allestiti anche dei container e roulotte dove alcuni lavoratoro abitavano "in una condizione assolutamente degradante" con bagni fatiscenti e senza porte. Oltretutto ogni bracciante era costretto a versare mensilmente a un parente del titolare 30 euro per l’alloggio e 27 per l’uso della bombola del gas.

"Il contrasto al lavoro nero ha l’obiettivo di favorire un’economia legale e di eliminare quella situazione di concorrenza sleale a cui si trovano di fronte le aziende che scelgono di rispettare la legge", insiste il procuratore Vaccaro, sottolineando che "si mira a colpire non solo il caporale ma anche le aziende che assumono braccianti in condizioni di sfruttamento". Da lunedì partiranno controlli nelle aziende per verificare il rispetto delle misure anti contagio e garantire l’uso dei dispositivi di sicurezza individuali a tutela dei lavoratori.

Un plauso arriva dal Coordinamento provinciale di Libera. "Siamo grati alle forze dell'ordine per l'operazione "White labour" - scrive l'associazione - e, ancor di più, per aver espresso, la volontà di investire importanti risorse per contrastare la piaga del caporalato in agricoltura che, in questa stagione, nella nostra Provincia, raggiunge numeri preoccupanti. Riteniamo sia fondamentale ridare dignità a quanti lavorano le nostre terre, costruendo filiere sane e sostenibili". Libera ricorda che "operazioni simili sono state svolte in questi giorni anche in altre parti d'Italia", ma, denuncia, "al contrario di ciò che stiamo vivendo a causa del Covid-19, il caporalato non può essere considerato un'emergenza. Sono tanti e troppi anni che continuiamo a parlarne e ad occuparcene, senza evidentemente estirpare il problema". Per questo, conclude Libera, "speriamo e auspichiamo che, spinti anche dalla necessità di cambiare il sistema economico a causa dell'attuale crisi, come già proposto nell'appello “Giustaitalia” firmato dalla rete di Libera, si ponga fine a tutto questo, regolarizzando i lavoratori stranieri, punendo ed estromettendo dal mercato e dai futuri finanziamenti tutti gli imprenditori che lucrano calpestando altri esseri umani e tutti coloro che alimentano filiere poco trasparenti che continuano a danneggiare una delle risorse più preziose della Capitanata: l'agricoltura".

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