mercoledì 8 settembre 2010
Nel lungo faccia a faccia con il direttore del tg de La7 Mentana, la terza carica dello Stato ha ribadito tutti i temi di Mirabello. «I parlamentari di Futuro e libertà pronti al dialogo per concretizzare il programma elettorale». Il presidente della Camera: «Salire al Quirinale?. Farebbero la figura degli analfabeti in diritto costituzionale e parlamentare».
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L'intervista è finita. Enrico Mentana saluta il presidente della Camera e Gianfranco Fini aggiunge sornione: «Per ora e per tutta la legislatura». Il colloquio finisce come è iniziato. Con un po’ di spirito in più in coda, quando - mentre gli addetti di studio tolgono i microfoni all’ospite - il conduttore del Tg delle 20 di La7 dice che molti vorrebbero vedere in altra sede quella scena: qualcuno che toglie la sedia al numero uno di Montecitorio.Nella sua prima intervista da luglio, quando è scoppiato il dissidio che ha portato al discorso di Mirabello, Fini è pacato e sicuro. Si dice «prontissimo» ad affrontare eventuali elezioni. Anche se non «a cuor leggero». E in quel caso, aveva detto poco prima il fedelissimo Adolfo Urso, Futuro e libertà andrà per conto suo, «lanciando la sfida all’interno del centrodestra».Regolamento alla mano, Fini spiega che non è possibile presentare mozioni di sfiducia nei suoi confronti, né si può dimostrare che sia venuto meno ai doveri istituzionali sanciti dall’articolo 8 (un altro conto sono i giudizi politici espressi in altre sedi). «Faccio una previsione: il presidente Berlusconi e il ministro Bossi non saliranno al Colle per chiedere la mie dimissioni, perché se lo facessero dimostrerebbero al mondo di essere degli analfabeti dal punto di vista della conoscenza del diritto costituzionale e del diritto parlamentare», attacca. Il «trasloco» ipotizzato da Bossi indica che la maggioranza concepisce la Camera come «dependance» del governo.Lanciato il guanto di sfida al Cavaliere e al senatùr, che appena l’altroieri hanno annunciato la salita al Colle per chiedere la sua testa, Fini negli oltre venti minuti di intervista fa una sorta di riassunto della performance di un’ora e mezzo alla festa di Mirabello. Nelle critiche alla «concezione proprietaria» del partito, da cui si considera espulso. Ma pure nell’offerta di continuare. Torna, quindi, a rilanciare il patto di legislatura. Dice no a elezioni immediate, che sarebbero «irresponsabili». E promette sostegno ai punti «sacrosanti» del programma. «I deputati di Futuro e libertà sono pronti a discutere con Forza Italia allargata, perché il Pdl non c’è più, e con la Lega come tradurre in concreto i punti del programma». Primo fra tutti il quoziente familiare, la diminuzione delle tasse alle famiglie monoreddito. Ma se ci fosse la crisi di governo? «La parola passa al Capo dello Stato, non ad altri». E la posizione di Fli al Quirinale?, incalza il giornalista. «Vogliamo che la legislatura vada avanti». Leggi: governo istituzionale.Con i "colonnelli" si è forse fatto «scappare la frizione», stuzzica Mentana prima di lanciare un po’ di amarcord con un servizio sui "ragazzi di via Milano", il gruppo di giornalisti del Secolo d’Italia in cui con Fini comparivano Gasparri (oggi capogruppo Pdl), Storace (leader de La Destra), Moffa (in Fli). Macché «avevo il freno a mano tirato», ironizza l’ex. Per poi ribadire che «il concetto di tradimento non appartiene al lessico della politica».Il tempo stringe, ma più che all’orologio si guarda al calendario. E alla cartina della Costa Azzurra. «Domani è l’8 settembre», provoca il direttore. Già ma «quella fu una tragedia, gli 8 settembre di oggi sono farse», cita Fini. E l’interlocutore non può fare a meno di notare che la frase è di Marx. Capita a fagiolo, perché il conduttore squaderna su uno schermo una prima pagina de "il Giornale" di un anno fa esatto, che chiedeva: «Dove vuole arrivare il compagno Fini?». Non è, però, la proprietà dei mezzi di produzione a entrare pian piano in scena, bensì quella dell’appartamento monegasco. La terza carica dello Stato sostiene di non avere nulla da nascondere, di non essere mai stato a Montecarlo, di non essere stato lui a informare il cognato dell’esistenza della casa, ma che questi si è proposto come mediatore nella vendita (prima di esserne inquilino) venendone a conoscenza nello Stato rivierasco. Infine, di avere fiducia nella magistratura. «Dopodiché chi per più di un mese ha denigrato, insinuato e calunniato, ne risponderà in tribunale».
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