venerdì 29 ottobre 2010
L'attuale composizione del Csm è "adeguatamente bilanciata". Lo sostiene il presidente della Camera, Gianfranco Fini, intervenuto questa mattina al teatro Piccinni di Bari al convegno "Organizzare la giustizia". «Un eccessivo peso ai non togati - sottolinea Fini - esporrebbe l'organo a una forte dipendenza dal potere politico, con gravi rischi per l'imparzialità dei giudici. Ove codesta riforma fosse attuata si determinerebbe un'alterazione d'equilibrio fra i poteri dello Stato».
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L'attuale composizione del Csm è "adeguatamente bilanciata". Lo sostiene il presidente della Camera, Gianfranco Fini, intervenuto questa mattina al teatro Piccinni di Bari al convegno 'Organizzare la giustizià. "Un eccessivo peso ai non togati - sottolinea Fini - esporrebbe l'organo ad una forte dipendenza dal potere politico, con gravi rischi per l'imparzialità dei giudici. Ove codesta riforma fosse attuata si determinerebbe un'alterazione d'equilibrio fra i poteri dello Stato"."La netta separazione delle carriere - sostiene il presidente della Camera, Gianfranco Fini - porta con sé quasi inevitabilmente una riforma del Csm che prevede due Csm o, più precisamente, due sezioni specializzate è, probabilmente, la via da percorrere. Ma sul punto - ribadisce - non si possono accogliere quelle proposte che mirano a rendere preponderanti, nella composizione del Csm, i componenti non togati, di nomina politica".Il presidente Fini cita la teoria della separazione dei poteri risalente a Montesquieu, e osserva che "se le ragioni delle modifiche proposte sono giustificate con il clima di tensione che vede contrapposti, da un lato, la magistratura o parti di essa e, dall'altro, frange pur rilevanti del potere politico, simili soluzioni appaiono ancora più rischiose".In un clima "già oggi così poco disteso - continua ancora l'inquilino di Montecitorio - le interferenze tra potere politico e funzione giurisdizionale sarebbero destinate a intensificarsi e ciò porterebbe inevitabilmente al determinarsi di una spirale di intrecci e cortocircuiti fra politica e giustizia sempre più forti e pericolosi, in particolare per la credibilità per le nostre istituzioni".
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