lunedì 23 agosto 2010
In un messaggio audio al sito dei Promotori della Libertà, il premier ribadisce la linea del «prendere o lasciare» con i finiani e aggiunge «dobbiamo essere pronti a qualsiasi evenienza, come quella di elezioni entro poco tempo».
- Non è questa la «politica» da insegnare ai giovani di C. Cardia
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Non ha messaggi diretti da inoltrare a Gianfranco Fini. Quantomeno, è questa la risposta che fornisce a domanda specifica. Ma in realtà Silvio Berlusconi continua eccome a rivolgersi duramente, senza più alcuna remora, al presidente della Camera e ai suoi fedelissimi.L'ha fatto pure ieri, con il consueto intervento audio affidato ai Promotori della Libertà. E verosimilmente ripeterà di continuo la linea impostata venerdì scorso, durante il vertice Pdl convocato per definire i cinque punti programmatici, da portare in aula alla ripresa, su cui verrà posto il voto di fiducia. Lo schema, infatti, non dovrebbe cambiare almeno per due settimane, finchè l'ex leader di An, domenica 5 settembre a Mirabello, a chiusura della kermesse nazionale di Futuro e Libertà, non scioglierà il quesito chiave: i finiani fonderanno davvero un nuovo partito?  In attesa della risposta, si ripropone il muro contro muro. Da una parte, il Cavaliere insiste sulla inemendabilità del documento programmatico, secondo l'opzione «prendere o lasciare», dall'altra gli uomini della terza carica dello Stato denunciano come irricevibile l'aut-aut berlusconiano.Sullo sfondo, sempre più nitida, l'ipotesi di un ritorno anticipato alle urne. «Dobbiamo essere pronti a qualsiasi evenienza, come quella ad esempio di elezioni entro poco tempo», spiega il premier ai militanti capitanati dal ministro Brambilla. Scenario da extrema ratio, che Umberto Bossi invece auspica ormai pubblicamente e a gran voce: «Andremo al voto e li polverizzeremo tutti questi qua».D'altronde, «non si può andare avanti così, con il rischio che, per ogni cosa che si fa, si debba pagare un dazio troppo alto». Quindi, «se si rompe la coalizione» non ci sono alternative. Per il Senatur si tornerebbe al cospetto degli elettori, ma senza l'alleanza con l'Udc di Pier Ferdinando Casini - sul «niet» dice di aver ricevuto garanzie dal presidente del Consiglio - ma anche senza l'appoggio di un eventuale partito finiano («Noi abbiamo le nostre idee, non ci interessa, per un voto in più, non riuscire a combinare più niente»). Sulla questione, Casini, rivolgendosi al leader del Carroccio, chiarisce: «Non corriamo alcun rischio di trovarci assieme». Poi rilancia: «Il Partito della Nazione è il nuovo soggetto politico che punta ad unire i moderati» e che «nasce per riconciliare l'Italia, perchè questo è un Paese che si sta drammaticamente rompendo».Berlusconi sul nodo interno al Pdl, ribadisce: «Dopo che alcuni nostri parlamentari, i cosiddetti finiani, hanno deciso di costituire un gruppo autonomo in Parlamento, che è un'iniziativa paradossale se si considera che sono stati tutti eletti sotto il simbolo del Popolo della libertà - con la scritta "Berlusconi presidente" - è diventato necessario verificare la coesione e la tenuta della maggioranza che sostiene il nostro governo».Ecco perchè «qualora venissero meno anche su uno solo dei cinque punti, che sono parte integrante del programma di governo, non accetteremmo mai di farci logorare in un tirare a campare in discussioni continuative così come rifiuteremmo anche la prospettiva di dover negoziare al ribasso». Per capirci: «Sarebbe un atto fortemente antidemocratico, addirittura offensivo della sovranità popolare, partecipare a dei nuovi giochi di palazzo per tentare di cambiare, di sovvertire il risultato elettorale e portare al governo chi le elezioni invece le ha perse. La strada maestra non può essere che quella di ritornare davanti al giudizio del popolo che è sovrano. Chi dice il contrario, invocando magari dei formalismi costituzionali sa bene, benissimo, di dire una falsità».Non si fa attendere la replica dei finiani. Italo Bocchino non crede che si possa ricucire lo strappo, tanto da intravedere «all'orizzonte la nascita di un nuovo partito politico». Scenario su cui però non tutti i finiani sembrano propendere. «Espellere Fini dal partito che ha fondato e volere impedire a lui e a chi si riconosce nelle sue posizioni di esercitare il proprio mandato in un altro soggetto politico o gruppo parlamentare - sottolinea Carmelo Briguglio - equivale a un attentato ai loro diritti politici e costituzionali. Berlusconi prenda atto invece della nuova situazione e la affronti con senso politico, abbandonando la linea degli inutili anatemi».
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