mercoledì 15 dicembre 2010
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Berlusconi si salva alla Camera per soli tre voti. Sono i voti dei tre finiani che hanno rotto il fronte di Futuro e libertà. E, curiosamente, sono due donne di Fini a salvare il Cavaliere e a mettere in crisi Fli: assieme al "pilatesco" Silvano Moffa, la colomba di Colleferro che alla fine non ha votato (solo pochi minuti dopo aver detto che avrebbe rispettato la «disciplina di gruppo»), sono Catia Polidori e Maria Grazia Siliquini a dire «no» alla sfiducia, ribaltando così l’esito del voto. È un esito finale che si traduce nel volto affaticato, quasi stremato di Silvio Berlusconi che, a giochi chiusi, si concede un bagno di folla in Transatlantico fra i suoi che gridano e fanno balzi di gioia, appoggiandosi a un commesso: «Fatemi andare a ringraziarli», dice protetto da un "cordone di sicurezza".Il risultato del tabellone dice 314 a 311 (con 2 astensioni - della Svp - e due non votanti, appunto Moffa e Gaglione di "Noi Sud") a favore del governo, in una replica del più scontato voto del Senato (162 a 135 i voti per l’esecutivo a Palazzo Madama). È il crudo bollettino di una giornata di passioni e insulti, di esultanze e sconforti, di relazioni e tradimenti vissuta fra le mura di Montecitorio. Una giornata caratterizzata da tanti flash fotografici: la Polidori acquattata fuori dell’aula che entra solo all’ultimo per dire il suo «no» e riuscire subito, mentre alle sue spalle scoppia una rissa; Silvio Berlusconi che al centro dell’emiciclo di Montecitorio parla fitto con il finiano Moffa che, letteralmente circondato da un gruppo di pidiellini, poi si allontana senza votare, a braccetto con Amedeo Laboccetta; Maurizio Lupi che accoglie con un caloroso abbraccio dopo il voto Domenico Scilipoti, l’ex Idv che sembra il sosia dell’attore Danny De Vito e che ha un decreto ingiuntivo da 200mila euro, ora passato nel neonato "Movimento di responsabilità", assieme a Massimo Calearo e Bruno Cesario; l’avvocato del Fli Giulia Bongiorno che si presenta in sedia a rotelle per fare il suo dovere (come, dopo tante apprensioni, hanno fatto pure le altre due incinte, Cosenza, Fli, e Mogherini, Pd) e si sistema accanto a Gianfranco Paglia, l’ex parà pure lui in sedia a rotelle. Ma, soprattutto, la scena finale, quando Gianfranco Fini proclama il risultato, coi deputati del Pdl che trasformano l’aula in uno stadio sventolando i tricolori, cantando l’inno di Mameli e gridando «dimissioni» all’indirizzo di Fini.Sono tanti scatti di una giornata convulsa vissuta fra le due Camere. Era cominciata in Senato, dove il capogruppo del Fli Pasquale Viespoli per un’ultima volta aveva rinnovato invano a Berlusconi l’invito a dimettersi. Poco dopo le 11, incassata la fiducia del Senato con l’unica sorpresa di un siciliano del Pdl, Enzo Galioto, che non vota (nel pomeriggio annuncerà poi l’abbandono del gruppo), ci si spostava tutti alla Camera, dove nel frattempo erano cominciate le dichiarazioni di voto. Giusto il tempo di assistere all’ennesimo show di Antonio Di Pietro, che attaccava il Cavaliere invitandolo a «consegnarsi alla magistratura, come un Noriega qualsiasi». Troppo per il premier, che si alzava e lasciava l’aula seguito da tutto il gruppo Pdl, mentre l’ex pm proseguiva: «Scappi, vada alle Bahamas» (Cicchitto lo ripagherà più tardi dandogli del «laureato semi-analfabeta, testimonianza vivente della crisi dell’università»). Per poi rientrarvi su esplicita richiesta del leader Udc, Pier Ferdinando Casini, che lo esorterà a «smettere quel delirio di autosufficienza». Il difficile dialogo fra il premier e i centristi si palesa più tardi: Berlusconi sale fra i banchi Udc per parlare con Casini e gli poggia una mano sulla spalla, ma Pierferdy sembra scansare il gesto. Paolo Guzzanti rifiuta la patente di «incerto» e proclama la sua sfiducia. Si va avanti, fino alla prima chiama. Durante la quale, prima di uscire, Berlusconi sfila nell’emiciclo: si spinge fino alla zona occupata dai deputati finiani e, incrociando Bocchino, gli stringe la mano, mentre riserva un rimbrotto con il dito alzato a Giuseppe Consolo, l’altro avvocato Fli. L’altro ex dipietrista Antonio Razzi vota no fra qualche grido di «venduto» e un boato della maggioranza. Poi tocca alla "sorpresa-Polidori", mentre la Siliquini aveva motivato il suo no con una dichiarazione di voto. L’ultima passerella è per Calearo, Cesario e Scilipoti: votano «no» solo al secondo giro. Si va avanti. Fuori, il leghista Castelli commenta: «Ci tocca restare qua».
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