venerdì 5 maggio 2023
Il prefetto: l'episodio non c'entra con i festeggiamenti per lo scudetto.
Spari a Napoli, un morto. 'Fatto non legato alla festa'

Reuters

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Il Napoli conquista il terzo scudetto a 33 anni dall'ultimo, grazie al pareggio di Udine. La città è esplosa di gioia, ma il risveglio è macchiato di sangue. Il bilancio e i numeri raccontano un'altra faccia dei festeggiamenti: nella notte si è registrato un morto e più di 200 feriti arrivati negli ospedali e nei pronto soccorso. La persona deceduta si chiamava Vincenzo Cantone, aveva 26 anni. Inizialmente portato al Cardarelli è morto per le conseguenze di alcune ferite da arma da fuoco. L'uomo è ritenuto vicino al clan dei D'Amico. La cosca è in lotta per il controllo del territorio contro i De Micco e da anni si contendono il territorio. Il prefetto: l'episodio non c'entra con i festeggiamenti per lo scudetto.

Il Ciuccio entra in Paradiso “na sera ‘e maggio”, ragliando con voce intonata su un prato verde, 850 chilometri più a Nord rispetto all’erba di casa. L’esplosione della festa azzurra è però fragorosa quasi come se il teatro fosse Fuorigrotta, perché a Udine sono giunti molti di più rispetto ai censiti tredicimila napoletani, desiderosi di essere testimoni oculari della notte indimenticabile. Le altre decine di migliaia sono rimaste giù, in riva al Golfo di Posillipo, ma non rintanate in cucina, bensì sparse dentro e attorno al San Paolo, dove di fronte ai maxischermo hanno assaporato, azione dopo azione, e non senza un pizzico di salata sofferenza, la pietanza più succulenta che il tifoso calcistico possa gustare lungo lo Stivale. L’urlo rimasto strozzato in gola per più di una generazione si può ora librare nell’aria, perché dopo 33 anni il Napoli è di nuovo campione d’Italia, per la terza volta nella sua storia quasi centenaria: primo vagito datato 1926.

ANSA



Al match point numero tre la palla finisce in rete e la truppa di Spalletti può finalmente cucirsi lo scudetto tricolore sul petto. Era fallito il primo assalto domenica contro la Salernitana, era sfumato il favore laziale mercoledì sera, ma il proverbio non c’è due tre non si addice alla dolce serata primaverile friulana, dove il sogno si materializza al triplice fischio di Abisso.

Bastava un punto alla capolista per essere irraggiungibile a cinque giornate dal termine del campionato, bottino che puntualmente arriva alla fine di un match dai due volti. Prima frazione di marca friulana nonostante il maggior possesso ospite – il vantaggio udinese è opera di Lovric al 13’ – seconda parte condotta dagli azzurri, che pareggiano la contesa al 7’ con Osimhen e poi gestiscono fino allo svuotamento della clessidra. Finisce 1-1.

Così la data fatidica diventa il 4 maggio, da ieri in dolce compagnia degli altri due momenti storici, firmati entrambi Diego Armando Maradona: 10 maggio e 29 aprile. Il Pibe de Oro non è più di questo mondo, ma sugli spalti dell’ex Friuli la sua è ancora la maglia più indossata. A differenza delle gioie vissute dai padri contro la Fiorentina nel 1987 e contro la Lazio nel 1990, stavolta per i figli di quegli ultrà della curva B il capitolo più bello del libro si sviluppa lontano dalle mura amiche. Nelle istantanee dello scudetto 2023 c’è lo sfondo della Dacia Arena, dove un illuminato imprenditore, Giampaolo Pozzo, da buon visionario ha dato forma al club più sostenibile in Italia, il quarto in Europa nella graduatoria griffata Brand Finance. L’Udinese rimarrà per sempre impresso anche nel cuore del patron che ha reso possibile la follia partenopea. Aurelio De Laurentiis aveva infatti ottenuto

il primo successo in serie A proprio contro i bianconeri il 2 settembre 2007, tre anni dopo aver rilevato il titolo all’asta fallimentare, fondato il Napoli Soccer e avviato la risalita dai campi di serie C, calcati in maglia azzurra anche da El Pampa Sosa, che proprio a Udine si era fatto conoscere in Italia. Dopo sedici stagioni di massima serie, con quattro secondi posti e altrettante terze piazze, è stato scalato il gradino più alto. Per accomodarsi in vetta c’è stato bisogno del mago di Certaldo, di quel Luciano Spalletti, che guarda caso proprio nel capoluogo del Friuli aveva allenato all’inizio del nuovo millennio. Non ce l’avevano fatta Walter Mazzarri, Rafa Benitez, Maurizio Sarri, Carlo Ancelotti e Ringhio Gattuso, c’è riuscito invece invece il glabro Luciano, un coach in tuta bravo a mischiare ironia toscana e filosofia mediterranea. I suoi predecessori avevano avuto campioni come Higuain, Insigne, Milik, Mertens, lui è partito con un gruppo di sconosciuti, ma ha creato l’amalgama perfetta. Verrà ricordato come lo scudetto del cecchino mascherato Viktor Osimhen, un nigeriano cresciuto a lavare i vetri alle auto nel traffico di Lagos, ora capocannoniere del campionato, oppure come la cavalcata scandita dalla visione di Kvicha Kvaratskhelia, classe 20021, il più giovane della rosa, un georgiano il cui nome è uno scioglilingua, ma le cui giocate incantano quello spicchio di tribuna dalla fede azzurra.

Metà dello stadio tifa Napoli in maniera educata, per poi esplodere quando l’uomo con la maschera gonfia la rete. Da lì in poi è una melodia continua, così come era trascorsa l’intera giornata calda e soleggiata nel centro cittadino. Tra dieci giorni a Udine arriveranno gli alpini per celebrare l’adunata nazionale, perciò dappertutto sventolano bandiere bianco-rosso-verde. Gli udinesi non si sarebbero aspettati un’altra giornata da sold-out con camere d’albergo esaurite nel raggio di venti chilometri. Eppure l’invasione (anche sul prato della Dacia Arena) dal Sud c’è stata, con tanto di lieto fine che da oggi si potrà raccontare ai posteri. Canta Napoli “na sera ‘e maggio”

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