La pace in Libia potrebbe muovere da Roma. Specie dopo l’incontro di ieri (durato due ore...) fra il premier italiano Silvio Berlusconi, il presidente della Federazione Russa, Dimitrij Medvedev, e il vicepresidente americano, Joseph Biden, preceduto da una chiacchierata tra Berlusconi e Medvedev. Con un doppio risultato finale: la piena condivisione fra Italia, Usa e Russia sulla strada da seguire in Libia e, soprattutto, l’annuncio del presidente russo, che manderà «un inviato speciale a Bengasi e Tripoli per individuare e sperimentare i passi necessari a rispettare i principi siglati al G8 di Deauville» e «cioè che Gheddafi deve andarsene».Dunque, dopo la girandola d’incontri ai massimi livelli istituzionali mondiali, tutti sono rassicurati e rassicuranti. E del resto il leader del Cremlino l’aveva già spiegato in conferenza stampa poco prima del "trilaterale": «Non mi rifiuto mai di discutere con gli amici americani. Grazie Silvio per aver creato questa occasione». Anzi, aveva anche lodato «la finezza con la quale l’Italia gestisce argomenti così delicati».Giornata capitolina dunque
diplomaticamente cruciale, ieri. Come testimoniano anche la parole del capo dello Stato, al Quirinale, pronunciate nel tardo pomeriggio davanti ai leader mondiali (durante l’ultimo atto dei festeggiamenti per il 2 Giugno e per i 150 anni dell’Unità d’Italia): l’Italia non tradirà mai la fiducia che gli altri ripongono in lei, farà la sua parte per la causa della pace e della democrazia, per contribuire ad un equo sviluppo economico. Ma Giorgio Napolitano tiene anche a ringraziare i presenti «per il gesto di amicizia e di omaggio nei confronti della nostra nazione», la larga partecipazione a questi festeggiamenti è «l’eco di un moto universale di simpatia per il nostro Paese». E se l’Italia «ha percorso un lungo cammino e compiuto straordinari balzi in avanti», il presidente della Repubblica aggiunge che «non sottovalutiamo il peso di problemi di fondo non risolti, di contraddizioni non superate, di squilibri e tensioni persistenti nel tessuto economico e sociale».A proposito di Napolitano: il presidente di Israele Shimon Peres ed il presidente dell’Anp Abu Mazen si sono seduti allo stesso tavolo al Quirinale durante la cena per celebrare la Festa della Repubblica. E prima d’andare a sedersi, il capo dello Stato (che conosce bene entrambi) li ha fatti intrattenere a colloquio.Grandi riconoscimenti, allora. Come quello del segretario generale delle Nazioni Unite, Ban Ki Moon (che ha avuto colloqui con Berlusconi e con Napolitano, dopo quello dell’altro ieri col ministro degli Esteri Franco Frattini): «L’Italia è un partner straordinario per le Nazioni Unite». O come quello del presidente afgano, Hamid Karzai, per la presenza dei nostri soldati, «di cui il popolo afghano ha un’ottima percezione», per l’aumento degli istruttori (ma non senza la richiesta di maggiori investimenti da parte delle imprese italiane per la ricostruzione del Paese).Capitoletto conclusivo su un’altra questione che riguarda strettamente l’Europa, ma è abbastanza "calda": è necessario che «vengano incrementate e ampliate le misure annunciate dal governo greco» per far fronte alla crisi del debito pubblico – dicono insieme Berlusconi, e il presidente del Consiglio Europeo, Herman Van Rompuy, dopo il loro colloquio di ieri in vista del vertice di 24 giugno –, ferma restando la volontà europea di aiutare la Grecia affinché metta in ordine i propri conti.