martedì 24 febbraio 2015
Ha assistito generazioni di bresciani, e non solo. Rosaria Pioli va in pensione dopo aver letteralmente “creato” il servizio di psichiatria del Centro San Giovanni di Dio, Irccs Fatebenefratelli di Brescia.
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Ha assistito generazioni di bresciani, e non solo. Rosaria Pioli va in pensione dopo aver letteralmente “creato” il servizio di psichiatria del Centro San Giovanni di Dio, Irccs Fatebenefratelli di Brescia. La professionista lascia i “pilastroni” con una cerimonia di saluto organizzata la mattina di venerdì 27 febbraio presso l’Irccs, alle ore 10,30. Ci sarà lo staff dell’Irccs al completo e ci saranno le istituzioni locali ma soprattutto ci saranno i suoi pazienti, cui la dottoressa Pioli si è dedicata con la competenza del medico e l’amore per la persona umana che è tutt’uno con il carisma dell’Ospitalità di San Giovanni di Dio. Questa è la riflessione con cui la dottoressa Pioli si appresta a concludere il suo servizio presso l’Irccs bresciano: «Quarant’anni di lavoro con le persone con disturbi mentali mi hanno consentito di partecipare ai cambiamenti dell’assistenza psichiatrica nel nostro Paese e in particolare alla trasformazione di un ospedale psichiatrico l’istituto Sacro Cuore dei Fatebenefratelli di Brescia in un Irccs specializzato nella cura e riabilitazione delle malattie psichiatriche e della demenza di Alzheimer. In questi momenti scorrono molti ricordi, a partire dagli anni di incertezza e di preoccupazione, ma anche di confronto, dialogo e partecipazione, senza dimenticare i momenti di scontro e di disaccordo tra professionisti. Ma, lo dico con grande franchezza, io ricordo soprattutto anni di partecipazione e condivisione di progettualità non sempre facili, accessibili, realizzabili». «Cito - continua la riflessione - ad esempio alcune delle esperienze che hanno segnato il cambiamento cui ho partecipato: ricordo innanzi tutto la creazione del Centro diurno geriatrico che ha visto impegno di vari attori - anche per superare i pregiudizi legati al luogo (gli anziani non devono andare in un manicomio, si diceva…), e poi ricordo la nascita del residence Pampuri, primo esempio innovativo di comunità psichiatrica organizzata “a casa”; né posso scordare la formazione pionieristica in riabilitazione psichiatrica con la Boston University e la professoressa Farkas, la supervisione organizzativa del professor Formigoni di Chicago, che all’epoca era il responsabile dei servizi psichiatrici dello Stato dell’Illinois e che ha contribuito fortemente ai nostri cambiamenti organizzativi; infine voglio rammentare il momento della nascita dell’Irccs, sorte dalla visione e dalla tenacia di alcuni religiosi e con il contributo fondante di vari collaboratori laici, di amici e sostenitori del Centro. In questo momento, per me particolare ed intenso, voglio però ricordare soprattutto le persone: i pazienti, con il loro carico di sofferenza, ma così ricchi di umanità e valori, che hanno fatto la storia dell’Istituto; i loro famigliari, con la loro associazione, che hanno camminato a fianco degli operatori e dei religiosi, per incoraggiare l’innovazione. La psichiatria vive di loro e per loro: dunque, questo cammino continua. Altre tappe ci aspettano».
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