mercoledì 17 novembre 2010
Tre progetti di legge per non dover vendere prodotti abortivi. Il presidente degli Ordini, Andrea Mandelli: ci impegniamo per l’approvazione del testo. «Rifiutiamo di collaborare a uccidere l’embrione» afferma Piero Uroda, presidente dell’Ucfi.
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Sono in attesa di essere inseriti nel calendario del Senato tre disegni di legge per garantire il diritto alla obiezione di coscienza dei farmacisti di fronte ai prodotti abortivi. Una tale facoltà per la categoria è già inscritta nell’ordinamento vigente, ma per sancirla in modo inequivocabile, a questo punto, serve una legge di interpretazione autentica. Il ddl sono di tre esponenti del Pdl: Stefano De Lillo, Luigi D’Ambrosio Lettieri e Ada Spadoni Urbani. Di essi si è parlato ieri in un convegno al Senato. «Il diritto del farmacista di sollevare la clausola di coscienza – ha detto De Lillo - è già riconosciuto dalla Costituzione italiana e da norme internazionali. Ma se per il medico è ormai una questione accettata, per il farmacista non è così». Eppure la legge n. 413 del 1993 riconosce l’obiezione di coscienza di ricercatori e tecnici di laboratorio nella sperimentazione sugli animali. «La questione è però sempre più stringente – ha aggiunto De Lillo – in vista del possibile arrivo nelle farmacie, anche della pillola dei 5 giorni dopo, dopo quella del giorno dopo, che impedendo l’annidamento provoca la morte del concepito». «Una pillola dell’inganno», l’ha definita la Spadoni Urbani, perché «i farmacisti sono tenuti a dispensare medicinali che curano le malattie, mentre questo prodotto non cura, anzi, può provocare la morte». «Mi trovo a disagio - ha evidenziato D’Ambrosio Lettieri – perché il problema dell’obiezione dei farmacisti andava risolto tempo fa. Il diritto già esiste, ma ci vuole una legge ordinaria che lo sancisca. Facciamola subito: prepariamo una nota per il presidente del Senato Renato Schifani per la calendarizzazione e si apra il dibattito. È un diritto di garanzia per l’intera comunità». È solo «un formalismo giuridico» l’opposizione al suo esercizio già con la normativa vigente, secondo Giacomo Rocchi gip del Tribunale di Firenze. In sostanza, infatti, l’articolo 9 della legge 194 assicura l’obiezione a tutto il personale sanitario, clausola ribadita dalla legge 40 che peraltro vieta con una sanzione penale la distruzione di embrioni. «La legge deve garantire un diritto pieno, potestativo – ha argomentato il magistrato –, all’obiettore non deve essere richiesto di farsi carico della erogazione del servizio pubblico, compito che spetta alla regione e allo Stato». Nel ricordare la risoluzione recentemente approvata dal Consiglio d’Europa, Rocchi ha sottolineato: «Si tratta di un diritto fondamentale, senza di esso si rischia la deriva verso uno Stato totalitario». Il senatore dell’Udc, Claudio Gustavino, ha evidenziato l’importanza dell’educazione alla vita anche al fine di attuare quella parte che rimasta lettera morta della legge 194. «Il farmacista è chiamato a diffondere questa cultura», ha continuato Daniele Bosone del Pd. Secondo il presidente della Federazione degli ordini dei farmacisti (Fofi), Andrea Mandelli, «c’è bisogno di una legge subito e la Fofi si impegna a mantenere alto il livello di pressing finché questa non arriverà». Di essa, il vicepresidente del Comitato nazionale per la bioetica, Lorenzo D’Avack ha delineato i punti, a suo avviso, irrinunciabili. Per capire quanto sia urgente la riflessione avviata ieri, il sottosegretario alla Salute, Eugenia Roccella, assente per impegni concomitanti, con un suo messaggio ha invitato a pensare a ciò che accade in altri Pasi «per esempio con i kit eutanasici o i prodotti cosiddetti "postconcezionali", che possono agire in realtà come veri e propri farmaci abortivi».«Ci rifiutiamo di collaborare all’uccisione dell’embrione, che per quanto piccolo, per quanto non abbia immagine per l’opinione pubblica, ha un’anima immortale», ha sostenuto con grande chiarezza Piero Uroda, presidente dell’Unione cattolica dei farmacisti italiani, (Ucfi), che un anno fa con un suo convegno ha posto con forza il problema dell’obiezione per la categoria. «La testimonianza dei farmacisti che pongono il problema morale del rispetto della vita – ha concluso – è un servizio per la società».
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