giovedì 19 agosto 2010
Il «federalismo familiare» varato la scorsa settimana dal Friuli è l’ultima iniziativa apprezzabile, in ordine di tempo, di un lungo elenco virtuoso che comprende tra gli altri i provvedimenti di Lombardia, Trentino e Umbria. Ma i ritardi sono tanti.
COMMENTA E CONDIVIDI
Ragionando di politiche familiari si vede come l’Italia sia spaccata in due: c’è chi è avanti anni luce e pensa addirittura a un «sistema integrato» di aiuti alle famiglie «normali» senza problemi seri, e le Regioni che si stanno muovendo solo ora per elaborare un Piano. Si va dal «Federalismo familiare» del Friuli Venezia Giulia che dà la possibilità ai Comuni di intervenire (2 milioni di euro stanziati) a sostegno di 1.400 famiglie numerose, all’«Agenzia per la famiglia» della Provincia autonoma di Trento che raduna competenze (dalla natalità al lavoro, dallo sport ai giovani) e finanziamenti per poi distribuirli, un progetto che andrà in discussione a settembre.All’Emilia-Romagna dove non esiste ancora una legge e la famiglia viene relegata in «altri capitoli di spesa»: assistenziali, sanitari, disconoscendole il suo valore nella società. Se Trento pensa all’«assegno di cura» per i papà o le mamme che scelgono di restare a casa fino all’anno del figlio – non certo per la mancanza di nidi aziendali o delle tagesmutter (o mamme in affitto) a cui lasciare i propri bebè –, la Valle d’Aosta conta su una presenza capillare di nidi, aperti tutto l’anno. La Puglia intanto attende un Piano regionale, di là da venire. Stessa condizione per il Lazio dove il Forum regionale sollecita «la piena applicazione e il finanziamento» della legge 32 del 2001 che riguarda appunto le politiche per la famiglia, ma che è rimasta in qualche cassetto.In Abruzzo non esiste un Piano famiglia, almeno dal 2005, per motivi di bilancio. È del 30 giugno scorso il bando che dà un sostegno alle famiglie più bisognose per pagare il mutuo, per l’acquisto o il recupero della prima casa danneggiata dal terremoto. Quasi due milioni di euro contenuti nel «Fondo regionale di solidarietà alle famiglie», a cui può attingere chi guadagna meno di 15mila euro all’anno con figli a carico. La legge regionale della Lombardia del 1999 detta le linee guida su tutti i fronti, dalla tutela della vita nascente alla cura degli anziani, e si affianca a interventi quali il «Fondo sostegno affitti», il «Bonus scuola», gli incentivi per cambiare l’auto per chi ha in casa disabili o anziani. Di quest’anno il «Bonus famiglia», fondo di 17 milioni di euro per chi paga una retta per un anziano o un disabile in strutture specializzate; come il progetto «Nasko» che dà 4.500 euro per un anno e mezzo alle donne che cambiano idea e non abortiscono per motivi economici. Il Piemonte pensa alle giovani coppie (aiuti per la prima casa) e ai nuclei numerosi (sostegno affitti, bollette...), aprendo i «Centri servizio per la famiglia», veri e propri punti di ascolto. Bollette, prestiti d’onore, affitti: la legge regionale dell’Umbria (febbraio 2010) provvede a intervenire stanziando 3 milioni di euro, mentre la Basilicata (febbraio 2007) fa uno «sconto» sul gas, grazie alle royalties provenienti dallo sfruttamento del petrolio. Occorre avere tre figli in Veneto per avere un aiuto su bollette, rifiuti, trasporto pubblico. La Calabria sfrutta i tagli del costo della politica (1,3 milioni di euro) per finanziare la legge regionale del 2004 rimasta lettera morta. Un «Reddito di cittadinanza» di 500 euro al mese è il gesto concreto della Campania per le famiglie più disagiate anche se la copertura finanziaria resta un rebus. «Bonus famiglia» di mille euro per i nuclei numerosi (circa tremila) resiedenti in Sardegna dal 30 aprile 2010, con 4 o più figli. Ha una legge regionale fin dal 1998 (finanziata con un milione di euro) la Regione Marche che si è sempre occupata delle emergenze; da settembre invece all’ordine del giorno il sostegno anche a chi arriva a fatica a fine mese. Due i milioni di euro spesi dalla Liguria per i nuclei con anziani o disabili mentre per le giovani coppie il sostegno va alla prima casa. Un figlio nato nel 2010, un reddito basso e una casa in affitto: la Toscana destina a chi ha queste caratteristiche un contributo per pagare pigione e nido. L’assistenza alle madri in difficoltà si fa in Molise: dal 2000 si sostengono le donne a basso reddito e residenti da 6 mesi in regione. Aiuta chi non ce la fa a coprire le spese la Regione Sicilia, stanziando 5 milioni e mezzo di euro.
© Riproduzione riservata
COMMENTA E CONDIVIDI

ARGOMENTI: