venerdì 12 aprile 2013
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Una nuova proposta nazionale di carità formato famiglia per battere la crisi. Ufficialmente lanciata ieri, ma i semi sono stati piantati al settimo Incontro mondiale delle famiglie lo scorso giugno a Milano quando papa Benedetto venne colpito dalle parole di due coniugi titolari di una piccola azienda, alle prese con la diminuzione dei clienti e le dilazioni dei pagamenti: «Ci sono giorni e notti nei quali viene da chiedersi come fare a non perdere la speranza. In città la gente gira a testa bassa, nessuno ha più fiducia».«In quelle parole – spiega don Paolo Gentili, responsabile dell’Ufficio nazionale per la pastorale della famiglia della Cei – abbiamo riconosciuto tante persone messe a dura prova dall’assenza di prospettive sicure di lavoro e dal persistere dell’incertezza». Con la Caritas italiana è nata così l’idea di dare una risposta innovativa e integrata perché le difficoltà sono diventate più complesse e in parrocchia, al centro di ascolto, oggi bussano sempre più interi nuclei in cui papà e mamma sono disoccupati, soli, smarriti e domandano risposte nuove e articolate anche a livello di tenuta del nucleo. «Ad esempio – prosegue don Paolo – proponiamo l’accompagnamento di altre famiglie già esperte in fragilità relazionali o che hanno avuto problemi analoghi e li hanno superati. Questi nuclei possono anche collegarsi sui territori utilizzando il metodo delle reti tipico delle Caritas». Una condivisione di esperienze e buone pratiche che può prevenire attraverso il sostegno a madri e padri in difficoltà l’allontanamento dei minori nei casi più gravi. “Carità e famiglia” è una contaminazione biennale che la Chiesa italiana ha voluto tra Caritas e Ufficio di Pastorale familiare per affrontare la crisi a tutto campo, formando volontari e operatori diocesani. «Papa Benedetto – prosegue don Gentili – ci ha indicato la via. Rispose alla coppia che le parole erano insufficienti e che servivano gemellaggi tra città, tra parrocchie e soprattutto tra famiglie. Per noi è una sfida pastorale nuova, integrarci per dimostrare alla gente che il cielo non si è chiuso, cominciando a sperimentare ad esempio forme di solidarietà dirette da famiglia a famiglia. E trasformando la famiglia in risorsa».Quattro i programmi di formazione e confronto che saranno varati nel prossimo biennio dalle due realtà della Cei e che verranno proposti alle diocesi italiane per favorire progetti e interventi di promozione e prevenzione dei legami familiari e una nuova soggettività anche nei servizi. «Ad esempio – spiega Giuseppe Dardes, responsabile dell’Area famiglia della Caritas italiana – una famiglia che non sa più come sostentarsi non può andare alla mensa dei poveri con i bambini e, se sfrattata, deve poter trovare centri di accoglienza che preservino l’unità del nucleo». La Caritas vuole monitorare i cambiamenti sociali, e qualificare la propria presenza e impegno promuovendo anche azioni politiche di lobby e advocacy con il Forum delle associazioni familiari.«Partiamo con la promozione di reti diocesane di famiglie per l’aiuto reciproco sui territori – prosegue Dardes – progetto nel quale è stato coinvolto il Centro studi per le ricerche sulla famiglia della Cattolica. Per noi una sorta di adattamento del modello dei gruppi di acquisto solidali applicati al sostegno di genitori e figli. Poi il sostegno alla genitorialità in situazioni di disagio sociale e familiare, diffondendo nelle Caritas una prospettiva di accompagnamento di genitori in difficoltà alla luce del Vangelo e, in concreto, aiutandoli a cercare occupazione e a gestire meglio i bilanci familiari. Una sfida particolarmente innovativa che stiamo proponendo alle diocesi è quella di favorire la presa in carico diretta di un nucleo da parte di una o di gruppi, come già avviene in alcune città italiane. Infine partiranno i gemellaggi tra famiglie italiane e greche». Anche quelli li aveva suggeriti Papa Benedetto in una notte milanese che ha aperto molte strade.
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