giovedì 8 aprile 2010
Progetto pilota a Philadelphia per dare un futuro a chi vive in mezzo alla strada. In pieno centro 144 appartamenti segnano l’inizio del reinserimento sociale. Ottomila i barboni assistiti in ventun anni da Project Home, l’iniziativa di aiuto e recupero ideata da un gruppo di volontari guidati da suor Scullion.
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Mary, 50 anni, è stata trovata morta sotto uno dei tanti cavalcavia di Philadelphia, un mese fa, sepolta dalla neve; aveva problemi di droga e alcool e da anni era una homeless, una senzatetto. Edward ha 50 anni e problemi di droga e alcool che si uniscono a una diagnosi di personalità borderline. Ha un ricovero di fortuna in un angolo di un centro commerciale abbandonato a nord di Philadelphia e quando gli chiedono come va, risponde: «Tutto bene, sono a posto, non mi serve niente». Ha una sorella che lavora lì vicino e fa quel che può per aiutarlo. Bill se la cava in una tenda di fortuna sotto il cavalcavia tra Pennsylvania Landing e Washington Avenue. Invece a ridosso della linea blu della metropolitana, andando verso centro città, Philips dorme rannicchiato dentro un sacco a pelo sotto un arco che lo ripara a stento dalla pioggia. Sembra avere scelto il posto peggiore. «Non è il posto peggiore», spiega Sam Santiago, che si sta prendendo cura di lui. A dieci metri, girato l’arco, la strada sovrastante forma uno spazio dove si trova un altro dei ricoveri di fortuna per alcune decine di senzatetto di Philadelphia. Siamo in mezzo alla sporcizia e con le buste del cibo che penzolano dalle funi per non venire attaccate dai topi. «Questo è il peggio», commenta Sam Santiago, 49 anni, da undici sulle strade per Project Home, fondato nel 1988 da un gruppo di volenterosi guidati da suor Mary Scullion della congregazione delle Marcy Sisters of the Americas. Dopo nove anni trascorsi in polizia, Sam Santiago cinque giorni alla settimane percorre le strade di Philadelphia East e North alla ricerca dei senzatetto per verificare le loro condizioni e in qualche tragico caso trovarli morti, come Mary.L’assistenza su strada delle diverse unità è soltanto una delle molteplici iniziative di questo ambizioso programma di intervento che in 21 anni è riuscito ad assistere oltre 80mila senzatetto, trovando per centinaia di loro la via di uscita alla strada. «Anche per questo Pasqua è una festa importante per noi», ci dice suor Mary Scullion, pacata e sorridente, nel suo ufficio al primo piano del numero 1515 di Fairmount Avenue, per tutti quelli del Project abbreviato in 1515. «Pasqua ci fornisce il senso del cambiamento avvenuto in tanti senzatetto strappati dalla strada ed avviati a nuova vita», spiega di nuovo la suora. Dalla originaria comunità Caterina Drexel, avviata appunto nel 1988, oggi Project Home vanta 11 residenze permanenti per homeless, progetti di reinserimento lavorativo, un laboratorio Honickman Learning Center all’avanguardia per l’educazione degli adulti e per i bambini della scuola d’infanzia ed elementare. E un progetto pilota, in pieno centro, chiamato Kate’s Place. Si tratta di un condominio di 144 appartamenti dove vivono stabilmente ex senzatetto accanto a famiglie. L’edificio era delle suore domenicane che nel 1999 si sono rivolte a suor Mary Scullion in quanto per loro i costi di gestione erano diventati insostenibili e non volevano venderlo per farlo diventare un altro dei tanti complessi di lusso della città. Una città che si presenta, ed è, una ricca metropoli Nordamericana scintillante di negozi e grattacieli. Ma basta girare l’angolo o guardare più attentamente per trovare un’altra realtà. «I senzatetto - spiega Sam Santiago - appartengono a diverse categorie: si tratta di persone mentalmente ritardate o instabili o con problemi psichiatrici. Possono essere alcolisti. E qui abbiamo tanti ex veterani della guerra del Vietnam che rifiutano gli aiuti statali, si sentono traditi, hanno vissuto una tragedia umana che li ha gettati nella disperazione e sulla strada. Nel loro caso, poi, ciò può sommarsi all’alcool e alla droga». Come Jerry. «Il problema maggiore non è toglierli dalla strada ma prendersi cura anche del loro problema specifico». Anche per questo Project Home ha elaborato un percorso ad hoc per dimostrare loro che possono cambiare vita.
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