mercoledì 30 marzo 2016
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INVIATO A CAGLIARI «Il nemico peggiore della Sardegna in questo momento è la rassegnazione » spiega l’arcivescovo di Cagliari, Arrigo Miglio. Due anni dopo la Lettera pastorale dei vescovi sardi sull’emergenza lavoro, «la situazione rimane oggettivamente difficile. Adesso occorre intervenire con decisione per sostenere la speranza di futuro di molte famiglie» sottolinea Miglio, al termine del viaggio compiuto da Avvenire tra le emergenze vecchie e nuove che affliggono la Sardegna. Dalle crisi industriali mai risolte all’incubo spopolamento, sembra scattata l’ora' x' per chi deve dare risposte a questo territorio. Qual è la priorità, a suo parere? È ora di andare oltre le lamentazioni e di realizzare atti concreti. Penso innanzitutto alle famiglie, in particolare a quelle numerose, che oggi sono le più penalizzate. Già due anni fa, nel nostro documento, segnalavamo la necessità urgente a 'non lasciare sole le famiglie e a studiare e realizzare interventi utili ad alleviare, sul fronte dell’organizzazione del lavoro e sotto il profilo della fiscalità, quella fatica che in tante di loro sta diventando sempre meno sostenibile'. Se guardo alla situazione odierna, vedo che ci sono Comuni virtuosi che già favoriscono le giovani coppie, ma bisogna fare di più a livello regionale. Incentivare politiche familiari significa anche comprendere l’allarme sociale nascosto dietro ai temi della deindustrializzazione e della denatalità. In che modo si può agire? Sullo sviluppo economico, è evidente che non si può puntare solo sull’industria, viste le potenzialità di settori come il turismo e l’agricoltura. Nello stesso tempo, però, bisogna riconoscere che una presenza industriale sull’isola è indispensabile e va mantenuta. Contare su un certo tipo di manifattura può essere un fattore qualificante. È necessario tornare a creare opportunità di lavoro, senza più assistenzialismi. Come comunità cristiana, dobbiamo farci carico dei problemi occupazionali e chiedere che vengano rimossi gli ostacoli alle assunzioni, soprattutto dei più giovani. L’impegno della Caritas, in questo senso, è prezioso. Per quel che riguarda, infine, il fenomeno dello spopolamento, mi sembra si tratti di una diretta conseguenza della crisi demografica. Per questo è necessario, a mio parere, alzare lo sguardo e riconoscere i cambiamenti sociali avvenuti. A cosa si riferisce? Al sentimento di assuefazione che accomuna purtroppo giovani e anziani. I primi emigrano e anche chi vorrebbe restare si arrende alla mancanza di prospettive. A presidiare il territorio restano per fortuna i secondi, ma di questo passo il rischio di una Sardegna senza ricambio generazionale c’è. Senza dimenticare un problema enorme: l’abbandono scolastico sempre più alto. C’è un rimedio possibile all’addio anticipato delle scuole? Sì, penso ad esempio alla ripresa della formazione professionale, che oggi si è ridotta al lumicino e che invece andrebbe incentivata per offrire una possibilità in più ai nostri adolescenti e ai nostri giovani. Poi vanno rilanciati i mestieri, a partire dall’artigianato. In ogni caso, dobbiamo pensare a far crescere al più presto una generazione di giovani finalmente motivati e preparati a dare un contributo importante alla crescita della nostra società. © RIPRODUZIONE RISERVATA L’inchiesta/3 ARCIVESCOVO. Arrigo Miglio
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