martedì 23 marzo 2010
Andiamo verso il «suicidio demografico»: è la diagnosi del Rapporto del Centro studi famiglia. Il 21,9 per cento delle famiglie ha un solo figlio, il 19,5 ne ha due e il 4,4 per cento tre. Una coppia su 5 (il 19,5 per cento) rinuncia a un altro figlio per questioni economiche, il 9 per cento perché non riesce a conciliare famiglia e lavoro. Le proposte per un nuovo welfare delle opportunità.
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Andiamo verso il «suicidio demografico», tuona il XIII Rapporto del Centro internazionale studi famiglia, presentato ieri a Milano. «Un Paese dove non viene garantita la libertà di procreare quanti figli si desiderano», fa eco Francesco Belletti, che del Cisf è direttore. Già perché se oggi in Italia ogni donna ha in media 1,71 figli, nella realtà ne desidererebbe 2,13. Perché quel mezzo figlio in più rimane nel libro dei desideri delle coppie? «Perché nel nostro Paese tutti si riempiono la bocca con la famiglia, tutti fanno promesse, ma poi non si fa nulla», provoca don Antonio Sciortino, direttore di Famiglia Cristiana, cui fa capo il Cisf. La responsabilità della procreazione - Il Rapporto del Cisf "Il costo dei figli. Quale welfare per le famiglie" (edito da FrancoAngeli), curato dal sociologo Pierpaolo Donati, rileva che la responsabilità della procreazione oggi ricade solo su una famiglia su due (il 53,4 delle famiglie anagrafiche non ha figli): di queste, il 21,9 per cento hanno un solo figlio, il 19,5 ne ha due e il 4,4 per cento di temerari si spingono fino a tre figli. Va oltre il terzo bambino appena lo 0,7 delle famiglie. Perché si rinuncia al secondo o al terzo figlio? Una famiglia su 5 perché non ha abbastanza soldi, il 9 che non riesce a conciliare famiglia e lavoro e un altro 11,7 per cento che ci penserà più avanti. Altre «motivazioni personali» hanno inciso per il 57,8 per cento dei casi. «In sostanza – fa notare il team di ricercatori che ha condotto l’indagine – le cause che hanno ristretto la natalità sono per quasi il 58 per cento rappresentate da motivi soggettivi. Possiamo dire che si tratta di motivi psicologici legati al senso di incertezza e al rischio sul futuro, così come a fattori culturali legati alle difficoltà di impegnarsi nell’educazione dei figli, più che a vincoli strutturali o economici in senso stretto».Tempo, servizi e denaro - Francesco Belletti ha sintetizzato che per fare figli servono tre cose: tempo, servizi e denaro, in una mappa delle opportunità che è fortemente diseguale tra regione e regione. Le famiglie a più basso reddito spendono per ogni figlio (costo di accrescimento,) 308 euro, quelle a più alto reddito addirittura 1.861 euro al mese, creando una diseguaglianza delle opportunità cui possono godere i figli. È di un «welfare delle opportunità» ha parlato anche il presidente della Camera Gianfranco Fini, intervenuto alla presentazione del Rapporto, pensando soprattuto ai giovani che «al di là delle facili polemiche sui bamboccioni», stanno diventando sempre più una «categoria strutturale debolezza nella società».
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