venerdì 4 novembre 2016
Lo ha stabilito il Tribunale civile di Napoli Nord sul caso della giovane che si è suicidata. E a Monaco Zuckerberg indagato per contenuti negazionisti
La giovane Tiziana

La giovane Tiziana

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Giornata doppiamente negativa per Facebook, quella di oggi, e forse di un passo avanti verso una maggiore tutela della privacy delle persone. Da Napoli è arrivata l'ordinanza del Tribunale civile, che ha stabilito che il social network doveva rimuovere i link e le informazioni relativi a Tiziana - la 31enne di Mugnano (Napoli) suicidatasi il 13 settembre scorso dopo la diffusione sul web di video intimi che la ritraevano - una volta che ne era emersa l'illiceità dei contenuti. Ciò a prescindere da un preciso ordine dell'autorità amministrativa o giudiziaria.

La seconda notizia arriva invece da Monaco di Baviera: il fondatore e capo di Facebook Mark Zuckerberg sarebbero indagato insieme ad altri manager della società, per incitamento delle masse per non aver rimosso dal social network post con minacce di morte e negazione dell'Olocausto. La notizia è riportata dal settimanale Der Spiegel. La denuncia era stata presentata da un avvocato di Wuerburg, che segnalava che nonostante ripetute segnalazione Facebook non aveva rimosso i contenuti illegali.

Il caso di Tiziana

Il collegio napoletano, presieduto da Marcello Sinisi, nello stabilire che il social network doveva rimuovere i video intimi di Tiziana, ha accolto comunque la parte del reclamo presentato dai legali di Facebook Ireland, disponendo che non sussiste alcun obbligo per l'hosting provider di controllare preventivamente tutte le informazioni caricate sulla varie pagine.

"È una pronuncia molto equilibrata - commenta Andrea Orefice, avvocato civilista legale della madre di Tiziana - perché introduce il principio, rigettando quanto asseriva Facebook, secondo cui un hosting provider, pur non avendo un generale obbligo di sorveglianza su tutto quanto viene pubblicato sui propri spazi, deve però rimuovere le informazioni illecite, quando arriva la segnalazione di un utente. È quello che è avvenuto nel caso di Tiziana. E non deve attendere che il sia Garante della Privacy oppure il giudice ad ordinargliene la rimozione".

Orefice ha aggiunto che «adesso Facebook deve collaborare; deve darci i nomi e i cognomi delle persone che, nascoste dietro falsi profili, hanno aperto le pagine su cui c'erano i contenuti che hanno diffamato la ragazza e hanno contribuito a renderla vulnerabile a tal punto da suicidarsi. I link, le immagini, le foto e gli spot che in pochi mesi sono diventati virali".

A queste dichiarazioni si associa anche l'avvocato
Andrea Imperato, che invece assiste penalmente la famiglia Cantone, che commenta la decisione di ieri della procura di Napoli di chiedere di archiviare la posizione per i quattro amici di Tiziana sospettati di aver diffuso in rete i video intimi: "Mi auguro che i pm abbiano vagliato attentamente tutti gli elementi della denuncia di Tiziana prima di fare questo passo". Resta in piedi l'inchiesta per istigazione al suicidio.

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