sabato 19 dicembre 2015
Le motivazioni dell'assoluzione di Carolina Girasole, primo cittadino di Isola di Capo Rizzuto. "Non ha favorito la cosca degli Arena". I FATTI
L'onore dei giusti
(Antonio M. Mira 23/9/2015)
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l «contenuto» delle intercettazioni «é equivoco» e sarebbe stata «necessaria un’operazione di rigorosa “controverifica”» in dibattimento ma in questa sede «neppure le prove dichiarative» sono state «tali da poter suffragare l’assunto accusatorio». È una bocciatura senza attenuanti quella contenuta nelle motivazioni, appena depositate, dell’assoluzione con formula piena di Carolina Girasole, ex sindaco coraggioso di Isola di Capo Rizzuto. Il primo cittadino calabrese simbolo della lotta alla ’ndrangheta era finita nel “tritacarne” nel dicembre 2013 con l’arresto per voto di scambio, corruzione elettorale, turbativa d’asta. Secondo l’accusa avrebbe favorito, assieme al marito Franco Pugliese, la potente cosca Arena in cambio del sostegno elettorale. In particolare avrebbe permesso che a vincere il bando per la raccolta di finocchi sui terreni confiscati agli Arena fosse una cooperativa a loro legata, favorendo il clan che si era visto togliere quei terreni. Finocchi che, un primo momento, si era deciso di distruggere. Al termine di un lungo processo il 22 settembre era arrivata l’assoluzione del Tribunale di Crotone per lei e il marito per tutti i reati. Ora le motivazioni confermano quanto questa inchiesta si basasse su errori e forzature. Lo scrivono in molti passaggi i magistrati del Tribunale, il presidente Edoardo D’Ambrosio e i giudici Francesca Familiari (estensore delle motivazioni) e Ersilia Palmieri. Così, si legge, non sono stati rilevati «contatti diretti tra i coniugi Girasole-Pugliese ed esponenti della famiglia Arena». Niente emerge dalle intercettazioni dove sono sempre altri a parlare di loro. E in queste conversazioni «non emergono elementi indiziari dotati dei caratteri di precisione e concordanza tali da poter provare la corruzione elettorale». É durissimo il giudizio dato dai tre magistrati su quelle che erano state ritenute dall’accusa la «prova regina» contro la Girasole. Invece, scrivono i tre giudici, «non solo il contenuto delle conversazioni é equivoco ma oltretutto, ravvisandosi in esse il riferimento a soggetti terzi ( il sindaco e il marito) é necessaria un’operazione di rigorosa «controverifica», finalizzata a verificare se, dall’istruttoria dibattimentale, siano emersi elementi tali da giustificare una diversa ricostruzione dei fatti». Ma questo non è avvenuto. Infatti, rincara la dose il Tribunale, non solo l’«attività di intercettazione non offre sufficienti elementi indiziari a poter ritenere provati i fatti in contestazione», ma «neppure le prove dichiarative assunte in dibattimento sono tali da poter suffragare l’assunto accusatorio». Insomma, tagliano corto i giudici, vi è «assenza di qualsivoglia collegamento tra la Girasole e il marito e alcuno degli imputati avente a oggetto una trattativa di voti da scambiare contro altre utilità». Anzi con gli Arena c’era «un quadro di rapporti non certo idilliaci», rapporti «di contrasto difficilmente spiegabili ove fosse intervenuto, a monte, un accordo elettorale». Piuttosto viene confermato e sottolineato l’impegno antimafia della Girasole. E l’«inimicizia manifestata dagli Arena nei suoi confronti proprio in quanto da loro percepita come fautrice di una politica contraria ai loro interessi». Si cita in tal senso la testimonianza di don Luigi Ciotti ma anche i continui attacchi, l’attività di «diffamazione» e di «martellante pressione», con insulti volgari, di un blog collegato a un dipendente comunale legato agli Arena che, oltretutto, aveva tirato fuori la vicenda dei finocchi dalla quale era partita l’inchiesta ora completamente bocciata dal Tribunale. Perché «del tutto infondata».
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