venerdì 6 maggio 2016
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ROMA Appena un’ora. Tanto è passato ieri tra la condanna a tre anni di reclusione per evasione fiscale e le dimissioni da responsabile del Pd in Sardegna (non da eurodeputato) di Renato Soru.

AGGIORNAMENTO *** Il dottor Renato Soru è stato successivamente assolto. Nella sentenza di primo grado del 17 maggio 2017, la Corte di Appello di Cagliari assolve Renato Soru, riconoscendo che ci fu evasione fiscale, ma che essa fu dovuta ad errori contabili e non all'intenzione di evadere il fisco

Alle 10.30 del mattino, così, una stringata nota sul sito regionale del partito comunica il passo indietro del patron di Tiscali «per i necessari adempimenti».
Prima di tutto difendersi da «una sentenza inaspettata e ingiusta», come l’ha definita a caldo l’ex governatore uscendo dall’aula giudiziaria, ammettendo di vivere «un momento molto grave». Anche perché il tribunale di Cagliari ha inflitto, inoltre, due anni di interdizione dagli uffici direttivi delle persone giuridiche e delle imprese (che scatta solo a sentenza definitiva) e la confisca delle somme già sequestrate, oltre al pagamento delle spese processuali.

I suoi legali hanno già annunciato ricorso in appello per risolvere una vicenda che, comunque vada, è un’altra tegola per il Pd, dopo le inchieste sul presidente del partito in Campania e sul sindaco di Lodi. Una sentenza «singolare», dicono in serata i difensori del patron di Tiscali, Giuseppe Macciotta e Roberto Zannotti, perché è stata ravvisata «la responsabilità penale per fatti che gli stessi uffici finanziari avevano interpretato in modo diverso, ritenendoli insussistenti». Prima della sentenza infatti, Soru aveva deciso di regolarizzare la sua posizione con il fisco. Alla fine Equitalia, tra more e sanzioni, gli aveva inviato una cartella da poco meno di 10 milioni di euro.

Tutto però è iniziato nel 2009 con un servizio della trasmissione tv Annozero, che puntava i riflettori sulle società appositamente costituite nel Regno Unito per fa- re da schermo giuridico teso all’evasione fiscale. Tra queste, secondo la magistratura l’inglese Andalas Ltd, «una società con capitale due sterline», secondo l’accusa riconducibile proprio al politico sardo, che avrebbe concesso – «unica operazione » effettuata dalla azienda – nel 2004 un prestito di oltre 27 milioni di euro alla Tiscali finance. La società con sede a Cagliari, a Sa Illetta, nei cinque anni successivi avrebbe restituito parte del debito, versando anche gli interessi. Soldi che, tuttavia, non sarebbero stati mai dichiarati al fisco né inglese né italiano.




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