sabato 25 febbraio 2023
Marco Raduano era in regime di alta sicurezza al Badu 'e Carros
Evade dal carcere di Nuoro calandosi con le lenzuola

Ansa

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Clamorosa fuga dal supercarcere nuorese di Badu ‘e Carros di un pericolosissimo boss della mafia garganica. Si tratta di Marco Raduano, 40 anni, detto “Pallone” o “Woolrich”, capo del clan di Vieste che porta il suo nome, nato nel 2015 dopo la scissione nel “clan dei montanari” che ha dato il via a una faida con una ventina di morti. Badu ‘e Carros è un carcere di massima sicurezza, con molti detenuti per reati di mafia, e Raduano si trovava in regime As3, quello destinato ai narcotrafficanti.

Sarebbe dovuto uscire nel 2046, invece è evaso nel più tradizionale dei modi, scavalcando il muro di cinta calandosi con delle lenzuola annodate. Tutto troppo facile. Eppure il boss è in carcere per una lunga serie di reati, dal furto al riciclaggio, dalla droga alla rapina e al tentato omicidio, con l’aggravante mafiosa. Il 3 febbraio scorso è stato condannato in via definitiva a 19 anni di reclusione nell’ambito del processo denominato “Neve di marzo” dal nome dell’operazione con cui nell’ottobre del 2019 i carabinieri avevano sgominato il clan Raduano, arrestando 15 persone, accusate di associazione a delinquere per il traffico di sostanze stupefacenti, aggravata dal metodo mafioso e dall’uso di armi. Stando ad un pentito Raduano avrebbe anche partecipato all’omicidio di Giuseppe Silvestri, detto “l’Apicanese”, membro del clan della mafia garganica Li Bergolis-Miucci-Lombardone, assassinato il 21 marzo 2017, a Monte Sant’Angelo.

Lo stesso Raduano è scampato più volte a tentati omicidi da parte del clan rivale dei Perna. Una vera e propria guerra che caratterizza la mafia garganica, molto violenta, dedita a estorsioni e narcotraffico, ma con crescenti interessi e legami con settori dell’economia e della politica. Ricordiamo le molte interdittive antimafia emesse dalla prefettura di Foggia nei confronti di imprese del territorio, e i non pochi comuni sciolti per infiltrazione mafiosa. La fuga di Raduano ovviamente preoccupa, oltre che pone domande sulla reale sicurezza delle carceri di alta sicurezza. “Appena la polizia penitenziaria ci ha allertato dell’evasione intorno alle 19, abbiamo avviato il Piano anticrimine in provincia di Nuoro, avvisato tutte le Questure della Sardegna e la Polizia di frontiera nei porti negli aeroporti dell’Isola” ha affermato il Questore del capoluogo barbaricino Alfonso Polverino, aggiungendo che “c’è un enorme dispiegamento di forze di Polizia e di uomini in tutta l’Isola, mentre la Polizia penitenziaria di Nuoro lavora sul fronte interno attraverso l’analisi di telecamere della casa circondariale e testimonianze”.

Ma proprio dai sindacati ddella Polizia penitenziaria arrivano delle dure critiche, “Questa, nel disastrato sistema carcerario, è l’ennesima conferma dell’inadeguatezza anche dello speciale circuito definito, a questo punto impropriamente, ad alta sicurezza ma la cui sicurezza è di certo più latitante dell’odierno evaso e che, per di più, provoca come effetto collaterale l’inflazione della restrizione al carcere duro del 41bis - accusa il segretario generale della Uilpa, Gennarino De Fazio -. Organici della Polizia penitenziaria carenti di 18mila unità, equipaggiamenti inadeguati sistemi tecnologici ed elettronici inesistenti o non funzionanti: questo lo stato attuale delle carceri”. “In diverse occasioni avevamo segnalato la carenza di personale di polizia penitenziaria ¬- denuncia Luca Fais, segretario regionale per la Sardegna del Sindacato autonomo polizia penitenziaria - che impedivano di assicurare una scrupolosa vigilanza in visione della tipologia di detenuti reclusi nell’istituto di Nuoro.

In Sardegna ci sono ben 4 istituti che custodiscono detenuti di alta sicurezza appartenenti ai vertici della criminalità organizzata e tutti sono in grande difficoltà a causa della carenza organica”. Per Donato Capece, segretario generale del Sappe, “il sistema penitenziario si sta sgretolando ogni giorno di più. Denunciamo da tempo che la sicurezza interna delle carceri è stata annientata da provvedimenti scellerati come la vigilanza dinamica e il regime aperto, l’aver tolto le sentinelle della polizia penitenziaria di sorveglianza dalle mura di cinta delle carceri, la mancanza in organico di poliziotti penitenziari, il mancato finanziamento per i servizi antintrusione e anti-scavalcamento”.

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