sabato 8 agosto 2015
La Conferenza Stato-Regioni sta esaminando la bozza di regolamento governativo sulla fecondazione eterologa, di fatto il primo codice di norme dopo l’abrogazione del divieto. Niente soldi per i donatori.
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Per la fecondazione eterologa – ovvero con gameti in tutto o in parte estranei alla coppia – è finalmente all’orizzonte una mappa di regole certe. Un anno esatto dopo la rinuncia da parte del Governo di provvedere con decreto a rimediare al "buco" creato dalla Corte Costituzionale con la sentenza che nell’aprile 2014 faceva cadere il divieto di eterologa, arriva ora all’esame della Conferenza Stato-Regioni la bozza di regolamento che dovrebbe recepire la direttiva europea 39 del 2012 sul trattamento di tessuti e cellule umani. Significa che, in attesa di una legge in materia, il regolamento detterebbe i punti fermi in materia di donatori e donazione di gameti adottando i criteri europei, che tanto per cominciare escludono sia qualunque tipo di compenso sia la selezione di chi offre seme e ovociti sulla base delle caratteristiche somatiche o genetiche preferite. Niente commercio sulla vita umana, e niente eugenetica, dunque. Ma siamo solo a metà del percorso: il testo predisposto dal Ministero della Salute ha già passato l’esame di Consiglio superiore di sanità e Garante per la privacy, e attende dopo le Regioni anche il via libera di Consiglio di Stato e Commissioni parlamentari competenti. Cinque i temi sui quali il regolamento detta i punti fermi per l’Italia: l’età di chi dona i gameti, il numero massimo di nati per ciascun donatore, la selezione su base clinica, la tutela della riservatezza e dell’anonimato, la condivisione di seme od ovociti (il cosiddetto egg o sperm sharing). Quanto all’età, varia tra uomini e donne in funzione del differente sviluppo dell’apparato sessuale: tra i 18 e i 40 anni per i primi, tra i 20 e i 35 per le seconde. È confermato che ogni donatore potrà consentire di generare con le proprie cellule riproduttive fino a un massimo di 10 bambini, limite derogabile solo se una coppia che abbia già un "figlio dell’eterologa" voglia un altro bambino e chieda di ricorrere ai gameti dello stesso donatore. Come unico criterio per selezionare chi dona ovociti o sperma il regolamento prevede poi un’anamnesi sanitaria e medica, tramite questionario e colloquio personale con specialisti abilitati per la scelta, essenzialmente per evitare che la donazione si traduca in un rischio sanitario – dall’Hiv all’epatite –, come già drammaticamente accaduto in casi come il donatore danese che negli anni scorsi ha diffuso in mezzo mondo il gene della neurofibromatosi della quale era portatore inconsapevole, con l’assenza di limiti che ha consentito di generare col suo seme un centinaio di figli. Quanto alla privacy, alla coppia ricevente sarà consegnata un’informativa sugli esami clinici del donatore del quale però non potrà conoscere l’identità. Il regolamento affronta il fenomeno che si è affacciato anche in Italia dell’egg o sperm sharing, che consiste nella donazione a coppie sterili di gameti "avanzati" a chi ha fatto ricorso alla donazione omologa (con ovociti e seme cioè appartenenti alla coppia): si estendono infatti anche a questa pratica i criteri di selezione sin qui enunciati, come peraltro già previsto dalle nuove linee guida per la legge 40 firmate dal ministro Lorenzin a inizio luglio. Il regolamento mette dunque nero su bianco quel sistema di norme del quale si parla da un anno ma che i formidabili interessi delle cliniche private (che coprono la metà del mercato) e la tentazione permanente di avere mano libera sulla manipolazione della vita avevano impedito di considerare come una priorità. Perché se lo Stato non detta le regole, ci pensa l’incontro tra domanda e offerta. E di solito su quel terreno vige il principio del far west, come già accadeva prima del varo della tanto vituperata legge 40.

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