mercoledì 11 marzo 2015
Roccella: la clinica ha agito ai confini della legalità. La legge impone la gratuità della donazione di gameti. La replica: provveduto solo alle spese sostenute dalla 22enne.
A Roma i primi figli italiani dell'eterologa
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Per fare luce sullo «sfruttamento del corpo delle donne attraverso la compravendita di ovociti», e ai 'rimborsi spese' destinati a ragazze sottoposte a stimolazione ormonale e al prelievo degli ovociti, saranno presentati un esposto all’autorità giudiziaria e un’interpellanza parlamentare. I due atti porteranno la firma di Eugenia Roccella (Area Popolare), vicepresidente della Commissione Affari sociali della Camera, che interviene sulla nascita, a Roma, dei primi 2 bimbi da fecondazione eterologa, grazie a una giovane che ha donato gli ovociti ricevendo un 'rimborso spese' (la legge prevede l’assoluta gratuità nella donazione dei gameti). Dalle informazioni diffuse dalla stampa, spiega la parlamentare, «si parla di una 22enne» alla quale è stato riconosciuto «un rimborso di alcune centinaia di euro, calcolato sulla base dei giorni di lavoro perduti. Ma quale lavoro, visto che si tratta di una giovane studentessa? Oppure, come temiamo, è stata garantita una cifra 'proporzionata all’impegno fisico'?». Nella donazione di midollo osseo, aggiunge, «forse la più impegnativa sul piano fisico, il rimborso è chiesto dal datore di lavoro e mai direttamente dal donatore, per evitare forme mascherate di pagamento. Qui sembra – incalza il deputato – che il 'rimborso' sia stato valutato, non sulla base dei giorni di lavoro persi, ma sul 'lavoro' di fornitrice di ovuli». Tanti gli interrogativi aperti: «In assenza di linee guida aggiornate – si chiede Roccella –, quale consenso informato è stato sottoposto alla ragazza? Cosa le hanno detto? Le hanno parlato dei rischi? E cosa hanno detto alla coppia?». Roccella chiama in causa la clinica 'Alma Res Fertility', che ha seguito la giovane: «Quali autorizzazioni hanno?». Anche la tempistica sarà oggetto di indagine. «Mi chiedo se la procedura sia effettivamente partita dopo il deposito delle motivazioni della sentenza del 9 aprile scorso che ha dichiarato legittima la fecondazione assistita eterologa». Insomma, per la parlamentare la clinica «ha agito ai confini della legalità». E questa storia rappresenta «una fuga in avanti che apre enormi problemi etici e di correttezza per la sfera medica». La replica della clinica non si fa attendere. «L’onorevole Roccella – dichiara il direttore Pasquale Bilotta – deve rispondere al suo elettorato per poter essere riconfermata al suo posto» e, per questo, «non è la prima volta che intraprende delle azioni. Alla donatrice è stato dato solo un rimborso delle spese sostenute, come previsto dalle norme». La clinica, assicura, ha una convenzione con una università per l’effettuazione di controlli ginecologici alle studentesse: «Abbiamo prospettato loro la possibilità della donazione di ovociti ed alcune hanno voluto intraprendere questo percorso per motivazione umane e di solidarietà». Parole che non convincono Eugenia Roccella: «Io devo rispondere al mio elettorato ma il dottor Bilotta, come tutti noi, deve rispondere alla legge. Afferma di aver rispettato le norme, chiediamo quali. Noi conosciamo il decreto legislativo 191/2007 e la Legge 40/2004 che recita: 'Chiunque realizza, organizza o pubblicizza la commercializzazione di gameti o di embrioni o la surrogazione di maternità è punito con la reclusione da tre mesi a due anni e con la multa da 600.000 a un milione di euro'».
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