giovedì 25 agosto 2016
​Il Capo di Stato maggiore Errico: siamo visti come un punto dir iferimento.
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Ancora una volta, quando c’è da confrontarsi con il dolore degli italiani, in prima fila ci sono le Forze armate e, fra queste, in modo particolare l’Esercito. Con «spirito duale» e in piena sintonia con il 'Libro bianco' che sta riformando le Forze armate, i militari si mettono al servizio del Paese. A metà pomeriggio il generale Danilo Errico, 63 anni, da uno e mezzo capo di Stato maggiore dell’Esercito, dal suo ufficio fa il punto di un impegno che cresce con il passare delle ore. Le richieste d’intervento, che partono dai sindaci e dalle prefetture e sono vagliate dalla Protezione civile, che le smista quindi fra i vari soggetti pronti a garantire aiuti, arrivano a getto continuo. erricod09988d6d5_52324065.jpgGenerale, quali sono le vostre forze in campo? Già di prima mattina avevamo uomini sul posto. Alle 14 avevamo già 220 militari impegnati fra Accumoli ed Amatrice, con 25 mezzi fra escavatori, ambulanze tattiche e torri d’illuminazione. Alcuni sono partiti dal VI reggimento Genio pionieri di Roma, altri dalla Scuola Nbc (Nucleare, biologica, chimica) di Rieti. Altre 50 unità con mezzi sono dislocati ad Arquata. Solo nelle prossime ore sarà possibile avere però un quadro più preciso e dei riscontri dai territori.

Sono previsti altri arrivi? Inevitabilmente. In quelle zone abbiamo presenze stabili a Rieti, L’Aquila ed Ascoli. Entro sera (di ieri per chi legge, ndr) altre unità affluiranno da Bologna e Legnago, con materiale ulteriore per l’illuminazione notturna. Il comandante del reggimento Genio, colonnello Massimo Tuzza, sta coordinando tutte le attività dal nostro centro operativo, tramite gli ufficiali di collegamento che dialogano costantemente con il Coi (il Comando operativo interforze, ndr) e la Protezione civile. Abbiamo pronti assetti con cucine da campo, mezzi in grado di assicurare le comunicazioni, anche team di supporto psicologico, elicotteri e nuclei a cavallo per raggiungere le località più impervie.

Che messaggio ideale consegna ai suoi uomini? Guardi, ho verificato in passato che in queste situazioni non serve dire molto. Essenziale è avere il coraggio e la forza di disciplinare bene gli interventi sin dall’inizio. Ma non c’è bisogno di spronare. Ho visto soldati che non mangiavano, non dormivano finché non erano stremati. C’è un’incredibile partecipazione attiva. Sono uomini del popolo, c’è un naturale afflato con la popolazione. È meraviglioso vedere questi ragazzi al lavoro, e questo mi rende orgoglioso.

I vostri soccorsi sono stati tempestivi? Lo Stato maggiore è stato mobilitato intorno alle 4 dalla Protezione civile. Alle 5 abbiamo ricevuto le prime richieste operative, conl’indicazione delle località da raggiungere e dei mezzi da inviare. Alle 6 e 30 noi come Esercito avevamo i primi reparti in azione ad Amatrice. Ma già prima alcuni nostri uomini si erano mossi, anche senza preavviso. Io personalmente sono stato svegliato dopo la prima scossa dalla chiamata di mia figlia a Roma. E sono rientrato in tutta fretta dalla Sardegna, dove stavo concludendo un periodo di ferie.

Un rientro traumatico.  Ancor più perché anche l’Esercito è stato colpito in modo anche diretto. Fra le vittime c’è infatti un nostro maresciallo, assieme alla moglie e alla figlia: erano in vacanza vicino Amatrice. Lei ha mai vissuto in prima persona un sisma? Sì. Ho partecipato alle operazioni attivate per quello del maggio 2012 in Emilia. Furono giornate incredibilmente intense. Queste calamità naturali rafforzano il legame fra popolazione e Forze armate. È vero. A maggio ho presenziato alle celebrazioni per il 40° anniversario del Friuli, un terremoto del nono grado della scala Mercalli. All’epoca ancora non c’era una struttura apposita e l’intervento del-l’Esercito, che alla fine vide coinvolti in tutto oltre 14mila soldati, fu il prodromo della nascita della Protezione civile, grazie all’opera del commissario straordinario Giuseppe Zamberletti. La popolazione friulana vide nell’Esercito un punto di riferimento nei momenti del bisogno. Da allora lo siamo sempre stati.
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