sabato 17 luglio 2010
Venerdì sera sono stati rilasciati tutti i cittadini eritrei reclusi nei centri di detenzione di varie zone del Paese, per un totale di 400 persone. Hanno un visto temporaneo di tre mesi ma non vogliono restare a Tripoli. Il loro obiettivo è raggiungere un Paese che conceda l'asilo politico.
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Sono stati liberati i 205 ragazzi eritrei detenuti da 16 giorni nel carcere di Braq, nel sud della Libia. Rilasciati anche tutti gli altri cittadini eritrei chiusi nei centri di detenzione di varie zone del Paese, per un totale di circa 400 persone. Non sono ancora chiare le condizioni e le modalità del rilascio, che comunque risulta confermato, oltre che da fonti libiche, anche dalla comunità eritreaSempre secondo fonti locali, gli eritrei reclusi a Braq sarebbero stati ascoltati, prima del rilascio, da membri di una commissione d'inchiesta istituita su indicazione del leader libico Muammar Gheddafi. E avrebbero ribadito che non vogliono restare nel Paese e che non sono immigrati irregolari ma richiedenti asilo, e quindi il loro obiettivo è quello di ottenere lo status di rifugiati in un Paese terzo che abbia firmato la Convenzione di Ginevra.La notizia era stata diffusa ieri in serata dal sito Fortresseurope: «A mezzanotte di ieri sono stati trasportati nel centro di detenzione di Sebha, dove questa mattina sono stati rilasciati con un documento d'identità valido in tutta la Libia, della durata di 3 mesi», si legge nel sito. Liberi, si. Ma impossibilitati a muoversi perché «nessun autista finora ha accettato di prenderli a bordo. E chi è riuscito a convincere i taxisti si è visto fermare ai posti di blocco fuori città ed è stato fatto tornare indietro». LE PAROLE DELL'AMBASCIATOREDa ieri «non ci sono più in Libia centri di accoglienza per immigrati e tutti coloro che vi erano ospitati - qualche migliaio di persone, compresi cittadini eritrei ma non solo loro - sono liberi, avranno documenti temporanei di riconoscimento e potranno reinserirsi nel tessuto sociale trovando lavoro e alloggio». Lo ha dichiarato l'ambasciatore libico in Italia, Hafed Gaddur, precisando che «non esiste un caso "eritrei"».«Gli eritrei sono ospiti uguali agli altri cittadini», ha sottolineato il diplomatico, bollando come «propaganda» le notizie secondo le quali centinaia di profughi eritrei erano trattenuti in pesanti condizioni di detenzione. Lo stato libico, ha spiegato Gaddur, ha semplicemente deciso che «non si farà più carico di dar da mangiare e da dormire gratis» a migliaia di persone come ha fatto finora perchè «ha fatto di tutto per ospitarli e per noi sono un peso». In conclusione, ha detto il console: chi vuole lavorare, sarà libero di farlo, ma tutti «devono rispettare le leggi libiche».L'ambasciatore ha poi respinto con forza le accude di maltrattamenti nei confronti di centinaia di profughi eritrei trattenuti nei centri di detenzione del Paese. «Non permettiamo a nessun Paese, amico o no, di intervenire nei nostri affari interni. Non tolleriamo ingerenze -ha detto Gaddur - Invitiamo le organizzazioni internazionali a vedere con i loro occhi», ha aggiunto il console, spiegando che i "centri di detenzione" non erano tali ma erano "centri di accoglienza", peraltro appena chiusi, che davano vitto e alloggio gratis a migliaia di immigrati senza documenti provenienti da più Paesi.
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