lunedì 4 luglio 2022
Il giovane Willy Monteiro Duarte fu ucciso a calci nel settembre del 2020 a Colleferro, in provincia di Roma
Striscioni davanti al Tribunale

Striscioni davanti al Tribunale - Ansa

COMMENTA E CONDIVIDI

Urlavano e imprecavano contro i giudici, mentre li riportavano in cella. Marco e Gabriele Bianchi, Mario Pincarelli e Francesco Belleggia: i due fratelli condannati in primo grado all’ergastolo, il terzo a 21 anni, l’ultimo a 23. Per il massacro di Willy Monteiro Duarte, a Colleferro, la notte fra il 5 e il 6 settembre, due anni fa. Già i primi risultati dell’autopsia furono terribili: «Un quadro chiaro – disse Saverio Potenza, che aveva effettuato l’esame al Policlinico Tor Vergata di Roma –, un politraumatismo importante con più lesioni, in più organi, in diversi distretti del corpo e non solo a torace e addome». Un ragazzo ventunenne ammazzato di botte, con una violenza che i testimoni definirono «inaudita» e «senza ragione».

I condannati imprecavano, ma alla lettura della sentenza ci sono stati applausi in aula. «È una sentenza giusta, ma il dolore resta infinito», ha detto il papà di Willy, Armando Monteiro Duarte. Mamma Lucia non ha detto invece nulla, andando via accompagnata dalle forze dell’ordine insieme alla sorella minore del ragazzo ucciso.

La decisione del Tribunale di Velletri (che ha disposto anche una provvisionale di 200mila euro ciascuno per i genitori e 150mila per la sorella) è quella in cui sperava l’accusa «in relazione al lavoro svolto – ha spiegato il pm, Giovanni Taglialatela –, ma sappiamo che il giudizio poi si presta a delle variabili. Tuttavia le prove che avevamo prodotto erano, a nostro avviso, assolutamente sufficienti e più che fondate per chiedere quel che abbiamo chiesto». D’accordo i legali dei genitori di Willy, Vincenzo Galassi e Domenico Marzi: «Sentenza ineccepibile, in linea con le conclusioni del pm, che legge le pagine processuali con un rigore assoluto» e «anche un riconoscimento di qualità per quanto riguarda l’attività investigativa iniziale delle forze dell’ordine».

Chi ovviamente «dissente» dalla tesi della Procura è Massimiliano Pica, avvocato dei fratelli Bianchi: «Quando sono scesi dall’auto (per raggiungere Willy e gli altri e picchiarli, ndr) non hanno avuto nessun istinto violento. Non c’è stato nessun calcio frontale, le prove non ci sono. Marco Bianchi si è subito preso le sue responsabilità dicendo di averlo colpito al fianco. Gabriele non ha mai colpito Willy», racconta il legale.

E conclude: «È stato un processo mediatico. Va contro tutti i principi logici. Leggeremo le motivazioni e poi faremo appello. Siamo senza parole».

Una versione già impostata pochi giorni fa, con una lettera scritta dal carcere di Viterbo da Marco Bianchi il 28 giugno (poco prima della sentenza): «I problemi li abbiamo avuti a causa dei giornalisti che hanno perso il controllo, raccontando falsità su falsità – si legge –. Io e Gabriele siamo ragazzi disponibili, educati e rispettosi, sempre pronti ad aiutare i più deboli».

Nell’ordinanza di custodia cautelare che contestava ai quattro l’omicidio volontario, aveva scritto il Gip di Velletri, Giuseppe Boccarrato, che appena scesi dalla vettura, «quando ormai la lite era finita, iniziavano a picchiare selvaggiamente qualsiasi persona presente lì sul posto». E «gli elementi conducono naturalmente a ritenere che i quattro indagati, non solo avessero consapevolmente accettato il rischio di uccidere Willy, ma colpendolo ripetutamente, con violenza del tutto sproporzionata alla volontà di arrecargli delle semplici lesioni, ne avessero previsto e voluto la morte o il grave ferimento».

Per il sindaco di Colleferro, Pierluigi Sanna, «purtroppo Willy non ce lo ridarà nessuno, però giustizia è fatta». E adesso «speriamo che gli altri gradi di giudizio confermino le pene», aggiunge Domenico Alfieri, sindaco di Paliano, dove Willy viveva con la sua famiglia.

© Riproduzione riservata
COMMENTA E CONDIVIDI

ARGOMENTI: