domenica 22 novembre 2015
La diocesi di Bologna raddoppia il fondo per le famiglie. Il fondatore Manini ha lasciato integralmente i propri beni alla Curia petroniana, che finora ha sostenuto un migliaio di nuclei.
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L’eredità di Michelangelo Manini, il fondatore della multinazionale dei cancelli Faac che ha lasciato integralmente i suoi beni all’Arcidiocesi di Bologna, finisce anche sulle tavole e nelle tasche dei più poveri. Il cardinale Carlo Caffarra ha disposto infatti che una fetta da cinque milioni di quel lascito venga versata sul Fondo di solidarietà per le famiglie, da lui stesso istituito nel 2008, per fronteggiare la crisi. Un provvedimento studiato da tempo, messo in campo a settembre, al termine del contenzioso che ha permesso all’arcidiocesi di entrare a pieno titolo nell’eredità. La donazione è stata resa nota ieri dalla Caritas diocesana, che con una nota ha espresso tutta la sua gratitudine. Un’immissione di liquidità che sul Fondo non ha precedenti, e che per quantità e- guaglia quanto è stato raccolto e utilizzato nei sette anni di vita del conto, dal 2008 ad oggi: 5 milioni 160mila euro, frutto di offerte di privati, di parrocchie, e della maggior parte dei contributi che le Fondazioni cittadine destinano ogni anno all’Arcidiocesi. Tanto che la dirigenza della Caritas diocesana è al lavoro per decidere come utilizzare tanta disponibilità economica. «Certamente ci servirà per soddisfare in modo più ampio le tante richieste che attraverso le parrocchie ci sono giunte in questi anni – spiega il direttore Mario Marchi –. E che riguardano la vita ordinaria, ferita dal lavoro che si perde o non si trova. Mi riferisco al pagamento delle bollette, degli affitti, alla possibilità di far studiare i figli, e alla stessa alimentazione.  Finora abbiamo raggiunto tra le ottocento e le mille diverse famiglie, attraverso più versamenti l’anno che riguardavano ogni volta circa 400 famiglie». Ma c’è una pista che la Caritas intende in particolare percorrere: accompagnare le persone nella ricerca di un lavoro, in modo da aiutare le famiglie a recuperare piena autonomia. «È lo stesso cardinale che ce lo ha fatto capire all’atto della donazione, quando ha evidenziato che il disagio maggiore per le famiglie è la mancanza di lavoro, da cui derivano tanti altri disagi – prosegue Marchi –. Per questo stiamo pensando a destinare parte dei cinque milioni alla realizzazione di corsi, a forme di avviamento professionale in accordo con i datori di lavoro. Il come è tutto da decidere. Non possiamo sostituirci agli organi istituzionalmente deputati a questo ». Insomma, una bella pagina scritta dalla diocesi di Bologna, in un momento in cui in molti cercano di usare frammenti di realtà per avallare la teoria laicista della Chiesa egoista e ipocrita. Una strategia che ha toccato anche l’arcidiocesi di Bologna, soprattutto in una situazione più unica che rara che la vede proprietaria di una multinazionale in crescita. Tante le polemiche dopo la decisione da parte del trust che gestisce l’azienda di delocalizzare lo stabilimento di Grassobbio all’estero, con in prima fila il leader della Lega Matteo Salvini: tutti ad alzare il dito senza sapere che si stava lavorando ad un accordo (poi raggiunto) che metteva al sicuro i dipendenti, riassunti a pari condizioni da un imprenditore del luogo. Stesso scenario di fronte alla Faac main sponsor del Bologna calcio: tanti soldi allo sport e non ai poveri si disse di una scelta pubblicitaria che riguardava la gestione aziendale, e non l’utilizzo dei dividendi. Chissà se questi ben pensanti questa volta terranno conto della realtà.
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