domenica 21 maggio 2017
Il gip accusa don Scordio di essere il regista dell’affare con i clan Il sacerdote si difende: «Soldi usati per beneficienza»
«Era il parroco il regista del business»
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«È il parroco di Isola Capo Rizzuto, don Edoardo Scordio, l’ideatore del piano criminoso che ruotava attorno al Cara di Isola Capo Rizzuto». É quanto scrive il gip di Crotone, Abigail Mellace, nel provvedimento con cui ha confermato la custodia cautelare in carcere per don Scordio, coinvolto nell’inchiesta sulle infiltrazioni della ’ndrangheta nella gestione della struttura di accoglienza. Secondo il gip, l’ingresso della cosca Arena nella gestione del Cara «si è realizzato per effetto di una vera e propria 'proposta di affari' che la consorteria ha ricevuto da un insospettabile personaggio, don Edoardo Scordio». Sarebbe stato proprio il prete, secondo la ricostruzione del giudice, a proporre ai vertici delle cosche Arena, Gentile e Nicoscia di «costituire e affidare alla gestione di sodali di fiducia le imprese cui affidare l’erogazione dei servizi più remunerativi in modo tale da permettersi di accaparrarsi la quasi totalità delle risorse stanziate».

I fondi così distratti sarebbero finiti in parte nelle casse delle cosche «per altri lucrosi investimenti » e in parte nella disponibilità del sacerdote. Il gip scrive che il parroco nel corso dell’interrogatorio, pur spiegando di aver usato i soldi per opere di bene (fra cui un centro sportivo ed una struttura per la formazione dei volontari) «non è riuscito ad indicare se e in che misura effettivamente siano stati utilizzati nei progetti». Secondo il giudice la versione di don Scordio non ha scalfito il quadro accusatorio, tanto da definire il sacerdote come «un esponente di rilievo della stessa associazione mafiosa per avere assicurato alla stessa il suo continuo e costante apporto, procurando il denaro che occorreva ai sodali, custodendo proventi di estorsioni e comunque ideando e concorrendo a porre in essere tutte quelle condotte che hanno assicurato al clan di incamerare milioni».

L’altro protagonista del malaffare sarebbe il governatore della Misericordia di Isola Capo Rizzuto, Leonardo Sacco. Con il parroco avrebbero non solo permesso, ma orchestrato «un inedito connubio tra mafia e istituzioni ecclesiastiche», dimostrando la «straordinaria capacità » della cosca Arena di infiltrarsi «in ogni apparato e settore della società civile». Proprio l’esponente della Misericordia avrebbe partecipato «a uno dei più lucrosi e spregevoli affari mai gestiti da un’organizzazione criminale ». Nel corso dell’interrogatorio Sacco ha ammesso che è stato girato denaro alla cosca, non per spartire i profitti, piuttosto perché frutto di «un’imposizione o di un’estorsione».

Spiegazioni che però non hanno convinto il gip, che ha confermato la custodia. Le condotte del sacerdote e del governatore sono definite «gravissime » anche perché perpetrate, secondo il giudice, a danno di quegli sfortunati ai quali «hanno sottratto con incredibile sfrontatezza quelle minime risorse date dallo Stato italiano».

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