giovedì 18 febbraio 2016
Il premier annuncia sorprese all'assemblea.
Tre ipotesi sulle adozioni, Renzi detterà la linea
COMMENTA E CONDIVIDI
Vertici, incontri, sfoghi, riunioni vanno avanti dalla notte di martedì senza interruzioni. Ma tutto appare sospeso nell’aria, al gruppo del Pd a Palazzo Madama. E il passaggio in aula di Matteo Renzi, che non si ferma volutamente nella stanza del capogruppo Luigi Zanda, con cui preferisce consultarsi in altro modo, sembra surreale. Tutti sono certi che spetti a lui sciogliere l’intricato nodo del ddl per le unioni civili. Il premier, però, ha più volte rifiutato di farne una questione di governo, per evitare rotture nella maggioranza, che resta divisa sul testo Cirinnà. E allora si attende l’intervento di domenica all’Assemblea del Pd, dove il presidente del Consiglio parlerà in qualità di segretario democratico. La strada dello stralcio in apparenza è l’unica in grado di salvare il resto del provvedimento  approdato in assemblea senza passare dalla commissione. Eppure le forti resistenze della sinistra dem e di Sel - alleato incerto alle prossime amministrative - consigliano prudenza.  Così restano in piedi tre ipotetiche soluzioni, tutte nelle mani dei parlamentari, con l’esecutivo che resta spettatore. Per Renzi, infatti, un patto di maggioranza con gli alleati sarebbe la soluzione più facile per blindare una regolamentazione delle unioni civili. L’intesa si troverebbe sul testo alleggerito della stepchild adoption, via – appunto – poco praticabile senza una rottura con la sinistra dem, alla quale ieri ha dato voce subito l’ex capogruppo Roberto Speranza, per il quale «l’Italia è in pausa di riflessione da troppo tempo sulle unioni civili. Ora è tempo di andare avanti, il Pd non si fermi e vinca la sfida». Seguito dai cosiddetti 'giovani turchi'. L’idea, però, troverebbe seguito dentro Forza Italia con cui sarebbe più facile blindare l’intesa, diversamente che con M5S. E allora il premier potrebbe lasciare che sull’adozione del figlio del partner sia l’assemblea a decidere, con lo spacchettamento del 'canguro' ideato dal senatore Marcucci. In sostanza si tratterebbe di dividere il ddl Cirinnà in due, una delle quali relativa alla stepchild, consentendo ai senatori di scegliere se applicare l’emendamento che taglia la gran parte degli altri su una o su entrambe le parti, e quindi procedere con il voto per parti separate. In questo modo, il testo potrebbe salvarsi e la questione delle adozioni potrebbe essere votata a scrutinio segreto.  La terza strada all’esame del Pd è quella di passare al presidente del Senato il cerino acceso: decidere sugli emendamenti e andare al voto articolo per articolo. Ma qui ci sono diverse trappole, perché a fronte del 'canguro' del Pd, ci sono tanti 'cangurini' disseminati tra le proposte di modifica, anche soppressivi dell’intera legge. E resta l’incognita dei 5 Stelle, contro i quali ieri si è compattato il partito di Renzi, che si è sentito tradito per l’ennesima volta dal M5S, e non ha nascosto la rabbia di essere caduto nuovamente nella trappola. Nel turbinio di sensazioni, mentre i 'cattodem' riprendono fiato, cresce l’area convinta che il testo sia fortemente a rischio. Lo stesso ministro Maria Elena Boschi avverte che si tratta di un passaggio cruciale, mentre il vicesegretario Debora Serracchiani invita alla prudenza, visto che i numeri non ci sono e le alleanze certe neppure. Si tratta, commentano nei corridoi, di «far emergere chi vuole veramente la legge, compresi i grillini che hanno sempre sostenuto il testo Cirinnà». Bocce ferme, insomma, per riprendere in mano il bandolo della matassa. Mentre a Palazzo Chigi negano che il premier si sia consultato sull’argomento con il presidente della Repubblica Sergio Mattarella, con il quale ieri avrebbe parlato solo di questioni inerenti al vertice europeo.
© Riproduzione riservata
COMMENTA E CONDIVIDI

ARGOMENTI: