giovedì 15 luglio 2010
I consorzi di bonifica si alleano all’Anci per governare le risorse idriche. Denuncia degli enti che gestiscono le irrigazioni: «La manovra non stanzia nulla per la prevenzione del dissesto idrogeologico. E dimezza i fondi per la manutenzione della rete dei canali».
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I consorzi di bonifica bacchettano il governo e si alleano ai Comuni italiani. L’assemblea dell’Associazione Nazionale delle Bonifiche Italiane, che ha riunito ieri a Roma le delegazioni dei 137 enti consortili, ha svelato un "buco" miliardario nella prevenzione di frane e alluvioni. L’Anbi se l’è presa innanzi tutto con la Finanziaria che non prevede nuovi stanziamenti, ad eccezione del miliardo destinato a piani straordinari come il rimboschimento di Giampilieri. Secondo l’Anbi, quindi, non sarà possibile realizzare alcuna opera di contenimento: «Noi vogliamo spendere quattro miliardi in 15 anni per evitare di spendere, ogni anno, un miliardo per riparare i danni provocati dal dissesto idrogeologico, senza contare il dolore per le vittime» ha detto senza troppi giri di parole il presidente dei consorzi Massimo Gargano. Lacrime e sangue anche per il piano irriguo, da cui dipende la funzionalità della rete che disseta le campagne. In cassa ci sono solo 60 milioni. «Si tratta di una gravissima carenza perchè, tra le priorità del Paese, non può mancare un programma per la manutenzione dei corsi d’acqua, delle opere idrauliche e di bonifica. In modo da rendere gli argini dei fiumi, i canali di bonifica, le sistemazioni montane, in grado di resistere anche in periodi di piogge eccezionali» spiega una nota Anbi, che si conclude ricordando come «quasi tutte le Regioni abbiano comunque individuato le priorità, indicando i progetti finanziabili». Commento non casuale, visto che all’assemblea Anbi il ministro dell’agricoltura Galan ha accusato i consorzi del Sud di non riuscire a spendere neanche i soldi che hanno. «Chiediamo al ministro Galan di condividere la nostra battaglia per il Paese» ha sottolineato Gargano, senza nascondere quanto siano tesi i rapporti tra il governo e questi istituti della sussidiarietà, che si autofinanziano con i contributi degli utenti e chiedono allo Stato solo di provvedere alla manutenzione della rete irrigua. Se Galan ha sfidato la freddezza dell’assemblea - in un clima che ha innervosito il presidente della Coldiretti Sergio Marini, il quale ha parlato di «scaricabarile» - la Prestigiacomo non si è neanche presentata: «lo stesso invito alla collaborazione – ha insistito Gargano – lo lanciamo al Ministro dell’Ambiente che finora, su questi temi, è un convitato di pietra». Ben diverso il rapporto tra Anbi e Comuni. Voltando pagina su anni di attriti - memorabili gli scontri tra agricoltori e sindaci sulla distribuzione delle risorse irrigue in tempo di siccità - ieri Gargano e Giovanni Alemanno in qualità di presidente del consiglio Anci hanno firmato un protocollo d’intesa per la sicurezza idrogeologica. Le politiche di pianificazione su acque di scolo, rifiuti, catasto del sistema fognario e depuratori saranno i primi banchi di prova. Resta, sullo sfondo, il nodo dei soldi. L’Anbi rivendica le economie fatte - accorpando parecchi consorzi - e una migliore gestione della risorsa idrica: se nel 1985 l’agricoltura utilizzava 28 dei 45 miliardi di metri cubi d’acqua a disposizione del Paese, oggi questa quantità è scesa a 21 miliardi grazie a tecniche innovative.«Ciò nonostante, i finanziamenti per il Piano Irriguo Nazionale vengono quasi dimezzati; eppure è dalla disponibilità d’acqua, che dipende l’85% del made in Italy agroalimentare, vale a dire produzioni per circa 40 miliardi di euro!» ha esclamato Gargano, ricordando che proprio secondo il Ministero dell’Ambiente, «il 68,6% dei comuni ricade in aree classificate ad alto rischio idrogeologico, che interessano il 7,1% della superficie territoriale» e che «negli ultimi 80 anni, si sono verificati 5.400 alluvioni e 11.000 frane».
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