giovedì 22 gennaio 2009
L'istituto "La Quiete": «Nei prossimi giorni prenderemo una decisione definitiva». La richiesta alla struttura comunale sarebbe arrivata direttamente dal sindaco della città friulana, Furio Honsell. Nota del ministro Sacconi che denuncia una campagna ideologica e disinformata.
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Dopo la disponibilità offerta del presidente della Regione Piemonte Mercedes Bresso anche il sindaco di Udine, Furio Honsell, si è mosso per trovare un struttura disposta a porre termine la vita di Eluana Englaro. La struttura sarebbe stata individuata nella clinica udinese la "Quiete". «Stiamo valutando se accoglierla o meno», ha detto al telefono Ines Domenicali, presidentessa del Cda della struttura sanitaria privata; «Ci vorrà qualche giorno, ci sono da fare valutazioni di tipo tecnico e logistico. Penso che saremo pronti verso la metà della prossima settimana», ha aggiunto Domenicali.La scadenza della prossima settimana è stata confermata in serata anche dalla Direzione generale della struttura, che è un'Azienda di servizi alla persona (ex Ipab) giuridicamente autonoma e non ha rapporti con l'Azienda sanitaria territoriale. Con il Servizio sanitario nazionale esiste una convenzione per la copertura finanziaria parziale delle prestazioni sanitarie agli ospiti.«Sono in corso incontri e confronti per approfondire gli aspetti logistici e procedurali - ha reso noto la Direzione - e in particolare è necessario verificare se l'accoglienza di Eluana risponde alle normative che regolano la nostra struttura e se siamo in grado di garantire la massima privacy in una struttura protetta che, pur essendo di alto livello sanitario, è una 'casa di riposò per lungodegenti». La Direzione ha confermato di aver risposto alla richiesta del sindaco di Udine, Furio Honsell, «che è stata azionata dalla famiglia Englaro». Sarà il Consiglio di amministrazione a esprimere una posizione ufficiale al termine del percorso di verifica. Sacconi: «Nutrire i malati, un dovere della Sanità». È un dovere per il servizio sanitario nazionale idratare e alimentare qualunque persona: lo ha ribaditi il ministro del Welfare Maurizio Sacconi, intervenendo per fare chiarezza su quelle che definisce «le molte inesattezze formali e sostanziali, accompagnate talora da una campagna ideologica che di un caso specifico vuol fare una regola generale». Il provvedimento della Corte di Cassazione sul caso Englaro, ha anche spiegato il ministro Sacconi in una nota, «oltre ad avere efficacia solo nel caso specifico, attribuisce una mera facoltà al tutore della signora Eluana Englaro, senza disporre alcun obbligo specifico a carico di una struttura del Servizio sanitario nazionale». L'obbligo di alimentazione citato da Sacconi, si colloca, spiega lo stesso, nell'ambito dei Livelli Essenziali di Assistenza, per i quali l'articolo 117 della Costituzione prevede la competenza esclusiva dello Stato, il cui compito è quindi quello di garantirne il rispetto nell'intero territorio nazionale. «In assenza di una disciplina legislativa dedicata alla regolazione della fine di vita - che a questo punto deve essere sollecitata al Parlamento - la generale applicazione del dovere di alimentazione e idratazione nei casi di particolare bisogno non poteva non essere accompagnata da un cosiddetto atto di ricognizione dei principi generali emanato dal ministro nell' ambito del suo dovere di assicurare l'esigenza di unitarietà del Servizio sanitario nazionale rispetto ai valori fondamentali». Sacconi ricorda che in passato sono stati prodotti altri atti con lo stesso scopo, come quello sull'utilizzo dell'elettroshock. Sacconi ricorda anche di essersi avvalso del parere espresso dal Comitato nazionale di bioetica. Infine Sacconi ha espresso «umana comprensione» ma anche un obbligo di seguire «scienza e coscienza». «Ho voluto ribadire per chiarezza di posizione tutto questo - ha detto il ministro - esprimendo allo stesso tempo tutta la mia umana comprensione del dramma vissuto dalla famiglia Englaro. Così come rispetto tutte le  posizioni politiche e culturali, nella misura in cui sono a loro volta laicamente aperte al dialogo, sui temi che riguardano il senso stesso della vita e il suo confine con la morte. Ciò tuttavia non può esimermi dall'esercizio dei miei doveri secondo scienza e coscienza».   Il botta e risposta Bresso-Mantovano. Il presidente della Regione Piemonte Mercedes Bresso - che si era detta disponibile ad accogliere nelle strutture sanitarie regionali Eluana - dopo l'intervento critico dell'arcivescovo di Torino ha detto alla trasmissione "24 Mattino" su Radio 24 che «Non viviamo in una repubblica di ayatollah, nella quale il diritto religioso fa premio sul diritto civile». A rispondergli ha pensato Alfredo Manotvano, il sottosegretario all'Interno: «Quanto la presidente Bresso dice del cardinal Poletto è obiettivamente incivile. Quando il card. Poletto richiama l'inviolabilità di ogni vita umana, qualunque sia la sua condizione - dice Mantovano - non recita la versione cattolica dell'ayatollah: sottolinea un dato di diritto naturale, constatabile da chiunque, qualunque sia la sua confessione religiosa». «Che Eluana sia viva, che non sia in condizione di morte imminente, che su di lei non sia praticato accanimento terapeutico... tutti questi elementi non derivano dal catechismo - aggiunge Mantovano - ma dalla obiettiva osservazione della realtà». «Non è in atto una guerra di religione - conclude Mantovano - ma di civiltà della vita». La posizione dell'arcivescovo di Torino. Il cardinale Severino Poletto, arcivescovo di Torino, intervistato aveva dichiarato che «i medici cattolici che si trovassero a lavorare nell'ospedale dove si intende interrompere l'alimentazione di una persona, dovrebbero obiettare e rifiutarsi. La legge di Dio prevale su quella dell'uomo». Fra tre o quattro giorni, infine, è attesa la sentenza del Tar della Lombardia sulla richiesta di annullamento del provvedimento con cui la Regione Lombardia lo scorso settembre aveva proibito al personale delle strutture sanitarie di effettuare l'interruzione dell'alimentazione e idratazione artificiali alla Englaro, come invece avevano disposto i giudici della Corte d'Appello di Milano.
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