domenica 30 agosto 2020
Il 20-21 settembre le elezioni regionali in Campania. Parla lo storico editore napoletano: «Dopo la crisi il mondo correrà, questo territorio ha bisogno di nuova classe dirigente»
Diego Guida

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Uno stop a «bonus e mancette, utili in questo tempo ma inutili per programmare lo sviluppo del territorio», e una prospettiva in grande: «Rendere la Campania la Regione capofila nell'utilizzo del Recovery fund, guidando l'intero Mezzogiorno a “rivoltare il calzino”, a diventare terra delle opportunità e non la terra da cui fuggire. Sprecare quei soldi significherà condannare il Sud al deserto». Diego Guida non pensava di celebrare così, sotto il peso di una pandemia, i cento anni della storica casa editrice napoletana. Imprenditore della cultura, vicepresidente della Confindustria dei librai e leader dei piccoli editori, Guida ha avuto anche un'esperienza da assessore a Napoli nell'ultima fase della giunta di Rosetta Iervolino: «Ma ora la politica deve davvero cambiare. Qui c'è da rifondare tutto, dall'impegno per i giovani alla scuola. Da qui a a fine anno mi aspetto, sul versante dell'impresa e dell'innovazione, svolte e idee incredibili a livello globale. Sarebbe davvero un dramma se si pensasse di affrontare questo tempo con le liturgie e – mi permetto – anche i nomi della vecchia classe dirigente campana e napoletana».

Le Regionali aprono un anno cruciale che culminerà con le elezioni a Napoli. Eppure, saranno competizioni del tutto diverse, a partire dagli schieramenti in campo. Lei per Napoli ha firmato un appello con altri 100 intellettuali…

È un appello per chiedere un rinnovamento forte. Immagino per Napoli nomi nuovi, sia in un campo sia nell'altro. E la consapevolezza della situazione: c'è una situazione di pre–dissesto, la situazione finanziaria è drammatica. Non affrontare ora questo nodo significa abbandonare la città a se stessa, motivo per cui una certa politica che ha contribuito a questa tragedia deve fare un passo indietro. Allo stesso tempo, il nostro appello è per dire che Napoli è di tutti, Napoli è di tutto il Paese.

Alle Regionali, invece, gli schieramenti sono gli stessi di cinque anni fa.

È evidente che si tratta di due partite diverse e per le Regionali influisce in modo profondo la crisi da Covid che abbiamo affrontato. Ma se anche dovesse essere scontato l'esito, non ci si può distrarre dall'enorme responsabilità che il nuovo governatore avrà, quella di avviare una programmazione che guarda oltre. Arriverà un'ingente mole di risorse economiche: ci vogliono progetti seri e solidi che diano frutto a lungo termine. La realtà campana vede la crisi profonda dell'industria di massa e pesante, rimettere in moto il turismo e connetterlo in modo sempre più forte ai beni culturali è vitale. Così come è vitale ascoltare il grido delle aree interne, territori meravigliosi che si stanno arrendendo allo spopolamento. Il fatto che non ci si attenda sorprese dalle urne non toglie niente al valore di questo passaggio elettorale e a ciò che ne segue.

Cultura, turismo, giovani… Se ne parla da anni, e intanto per l'autunno si annuncia un nuovo esodo verso Nord.

Il più grande tra i problemi. Formiamo giovani con un sistema scolastico che, va detto, non è il disastro che viene dipinto. Poi li specializziamo in cinque poli universitari, che sono tanti e hanno diverse eccellenze. Finiscono e vanno a fare il master al Nord, a fare impresa in altri territori. E qui ci tornano solo per le vacanze e gli affetti.

L'analisi è chiara. Servono però soluzioni che chiamano in causa anche gli imprenditori locali.

Serve un sistema strutturato di accompagnamento e tutoraggio che non si improvvisa, ma si programma. Un giovane con l'idea giusta deve fare proiezioni di mercato, scrivere il business plan, ottenere i finanziamenti, districarsi nella burocrazia. Una Regione come la nostra ha bisogno di un'azione del genere più di qualsiasi altra cosa.

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