sabato 25 marzo 2017
Ancora bambini e già così smaliziati. Ma restano bambini. Bambini da recuperare a ogni costo.
Il campo di calcetto nel quartiere Camposcino accanto alla parrocchia di San Marco, nel quartiere di Giugliano, dove sarebbe avvenuto uno degli episodi di violenza da parte di un branco di undici minorenni su un ragazzino di 13 anni (Ansa)

Il campo di calcetto nel quartiere Camposcino accanto alla parrocchia di San Marco, nel quartiere di Giugliano, dove sarebbe avvenuto uno degli episodi di violenza da parte di un branco di undici minorenni su un ragazzino di 13 anni (Ansa)

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L’orribile notizia ci raggiunge e ci sconvolge. Sbigottiti tentiamo di raccogliere i pensieri, analizzare i fatti, trovare parole che non abbiano il sapore della chiacchiera a caldo. Giugliano è una cittadina in provincia di Napoli, diocesi di Aversa. A Giugliano un tredicenne con qualche disabilità, per quattro anni è stato vittima di un gruppo di minorenni. Violenza sessuale. L’età degli accusati lascia l’amaro in bocca. È l’età in cui dovrebbero rompersi la schiena sui libri e sbucciarsi le ginocchia a furia di tirare calci a tutti i palloni che trovano sul loro cammino. Invece.

Che succede ai nostri ragazzi? Dove cercare il bandolo di una matassa che si fa sempre più ingarbugliata? Bullismo? La prima cosa che emerge da questo tristissimo episodio è l’incapacità che hanno questi giovanissimi di provare un minimo di pietà per un loro amico. I genitori si tormentano, si fanno sensi di colpa, si chiedono dove hanno sbagliato. L’affetto per i propri figli porta, sovente, qualche papà o mamma anche a giustificare l’ingiustificabile. Per loro sono sempre dei ragazzi. Magari volevano solo scherzare. Forse hanno esagerato, è vero, ma non sono cattivi. E via di questo passo. Hanno torto, hanno ragione? Quando la società non riesce a far innamorare le nuove generazioni di ideali alti, di valori nobili, una qualche colpa deve ammettere di avere. Perché tutti siamo responsabili di coloro che vengono dopo di noi. A tutti deve stare a cuore la loro educazione, anche se sui genitori, sugli insegnanti, sulla chiesa che li ha battezzati cade il peso maggiore.

Chiara Lubich, la fondatrice del Movimento dei Focolari, in occasione della laurea honoris causa in pedagogia ricevuta a Washington nel 2000 ebbe a dire: «Anche in campo educativo – in tanti modi – con forme di iperprotettività, si tende a preservare i minori da qualsiasi difficoltà abituandoli a vedere la vita come una strada in discesa, facile, comoda. In realtà, li si lascia in forte disagio di fronte alle inevitabili prove della vita, e in particolare li si rende passivi e renitenti di fronte alle responsabilità che ogni essere umano deve assumersi di fronte a se stesso, al prossimo, alla società».

Con poche parole, Chiara Lubich mette in evidenza gli errori degli adulti nei confronti dei figli nel processo educativo e pone l’accento sulle responsabilità che tutti debbono assumersi nella vita. Tutti, a cominciare dai bambini. Non abituarli a osservare i propri doveri li fa incamminare per una strada pericolosa. C’è poi un aspetto sul quale si sorvola bellamente e che invece deve essere affrontato con serietà e severità nella verità. I ragazzi hanno oggi a portata di mano tutto quello che vogliono vedere e ascoltare. Ogni loro curiosità, anche la più morbosa, può essere soddisfatta in tempo reale. Naturalmente senza maestri e con scene violentemente esplicite possono farsi male e, di fatto, si fanno e ci fanno male.

Il mondo virtuale per loro diventa più reale del mondo reale. Basta guardarli quando stanno riversi sui telefonini. E quando quel mondo virtuale presenta loro immagini e filmati con una facilità che spaventa ogni adulto che conserva un minimo di pudore, i ragazzi finiscono col perdere i punti di riferimento. Se lo fanno gli adulti, posso farlo anche io. Che c’è di male? Così ragionano i ragazzi. E noi lo sappiamo. E ci impressiona così tanto pensare che, a nostra insaputa, loro 'navigano' per mari che potrebbero annegarli, e di fatto li annegano, che preferiamo pensare ad altro. «Educare è cosa del cuore» diceva san Giovanni Bosco.

Ed è terribilmente vero. Educa chi ama. Educa bene chi ama molto. E tutta la società è chiamata ad amare questi ragazzini che si preparano a essere gli uomini di domani. Da soli i genitori non ce la fanno, non ce la possono fare, non ce la faranno. Vanno accompagnati. Vanno aiutati. Vanno sostenuti. Due degli 'aguzzini' del tredicenne di Giugliano, non hanno ancora quattordici anni. Sono dei bambini, quindi. Ancora bambini e già così smaliziati. Ma restano bambini. Bambini da recuperare a ogni costo. È possibile porre un freno a tanta dilagante, opprimente, devastante pornografia on line? Pornografia realizzata, guardata, venduta e messa in rete dagli adulti. Da quegli stessi adulti sui quali incombe la responsabilità di educare i giovani.

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