sabato 15 dicembre 2018
Al vaglio c’è l’ipotesi di alzare il limite di emissioni oltre la quale si pagherà la tassa. La svolta dopo la minaccia del gruppo Fiat-Chrysler
Operai al lavoro nella catena di montaggio della Fiat Panda (Ansa)

Operai al lavoro nella catena di montaggio della Fiat Panda (Ansa)

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Una retromarcia decisa – ma ancora non è chiaro quanto – per evitare un autogol clamoroso. Non ci sarà una tassa sull’acquisto di automobili nuove alimentate con carburanti tradizionali, intenzione invece annunciata una settimana fa dal governo che aveva inserito in manovra una proposta di emendamento volta a incentivare le vetture più ecologiche e di disincentivi legati alle emissioni di CO2 che colpirebbe oltre il 50% delle vetture potenzialmente acquistabili. Lo ha detto il ministro dello Sviluppo economico, Luigi Di Maio, a margine dell’audizione in commissione di Vigilanza Rai.

«Ci sono contatti costanti tra il ministero e tutti i soggetti interessati - ha precisato il vicepremier - e mi pare che si stia andando verso una soluzione che garantirà un bonus fino a 6mila euro per le auto elettriche, ibride e a metano, ma che allo stesso tempo consentirà di non tassare l’acquisto delle altre vetture nuove. Serve una rivoluzione della mobilità, ma non danneggeremo chi può permettersi solo una Panda». In realtà non è ancora del tutto chiaro se il “malus” previsto in origine verrà effettivamente eliminato: tra le ipotesi al vaglio ci sarebbe quella di alzare il limite di CO2 g/km (si parla di 150 g/km) emessi a partire dal quale scatterebbe la tassa, per “salvare” le vetture più diffuse. Potrebbero anche scattare limiti al bonus per favorire l’acquisto di modelli meno inquinanti senza incentivare però quelli di lusso. Quanto agli investimenti strutturali, Di Maio ieri a “Mattino Cinque” ha accennato a «un piano di installazione di oltre 20mila colonnine elettriche con EnelX, che ci gioverà dal punto di vista ambientale e farà risparmiare soldi sui carburanti e quindi sulle spese fisse degli italiani».

La svolta è arrivata all’indomani della minaccia del Gruppo Fiat-Chrysler di rivedere il piano di investimenti programmato per l’Italia nel caso in cui l’ecotassa fosse stata approvata in via definitiva, e della sollevazione unanime di tutta la filiera dell’auto che da subito aveva giudicato inopportuno il provvedimento per le conseguenze che avrebbe determinato sul mercato di un settore tutt’altro che florido (8,1% le immatricolazioni in Europa nel mese di novembre), e quindi anche sull’occupazione. Trasversali anche le critiche dell’opposizione, che ironizza sull’improvvisazione degli annunci del governo «costretto - sostengono numerosi rappresentanti di Forza Italia e del Pd - all’ennesimo cambio di rotta». Quella che sembra prevalere, al momento, è la via della mediazione tra le parti. Secondo Radek Jelinek, presidente di Mercedes-Benz Italia, «le istituzioni devono capire che l’automobile e chi la rappresenta non sono dei nemici da combattere. Noi produttori siamo parte della società e del Paese, creiamo mobilità, Pil e lavoro. La politica ci ascolti: le cose si possono fare meglio se si pianifica insieme. L’incertezza e l’improvvisazione sono le cose peggiori da affrontare per l’industria, ma anche per i consumatori che in un clima del genere sono spaventati, non comprano, e così ci sono ripercussioni sui posti di lavoro, sulle concessionarie ma anche per lo Stato, visto che non incassa l’Iva».

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