giovedì 10 settembre 2020
I profughi lo conoscono bene: si chiama Mebhratom, è di origine etiope. Da settimane organizza partenze dalla Libia. Un altro schiavista è Robot, l'eritreo, che da Zwara imbarca i connazionali
L'etiope Mebhratom, trafficante di uomini

L'etiope Mebhratom, trafficante di uomini

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Mebhratom, l’etiope del Tigray, sta organizzando da settimane le partenze dei profughi eritrei dalla costa libica, esattamente da Zwara. Gli fa concorrenza Robot, l’eritreo, che sempre da Zwara imbarca i connazionali. Trafficante tutto casa e lavoro, dato che ci vive con la moglie e il figlio. Furbo e ricco, ha perfino fatto registrare la compagna sulle liste dell’Unhcr per tenersi aperto un canale di salvataggio. Mebhratom invece sarebbe riuscito a entrare personalmente nelle liste dei rifugiati da proteggere. Avrebbe fatto meglio persino del potente Wedi Isaak, da anni uno dei più noti signori eritrei del traffico in Libia, che è stato individuato e bloccato dai funzionari delle Nazioni Unite.

Sono i due nuovi trafficanti che stanno facendo partire i barconi verso l’Italia. I profughi e la diaspora in Europa e oltreoceano che paga i viaggi della speranza o della morte per i congiunti, li conoscono bene. In questo momento ci sarebbero almeno 500 persone fuggite dal ghetto di Gargarish a Tripoli, soprattutto eritrei, che hanno pagato le due volpi del Corno d’Africa per partire e attendono l’occasione giusta. Le milizie hanno fatto girare attorno a Ferragosto un ultimatum per far sloggiare dal sobborgo della capitale libica la nutrita comunità di rifugiati urbani del Corno d’Africa, quasi tutti registrati dall’Unhcr, che vi ha preso in affitto tuguri sovraffollati o che ci vive per strada. Privi della protezione dell’Alto commissariato Onu per i rifugiati, il cui personale occidentale per ragioni di sicurezza è stato trasferito a Tunisi, molti migranti disperati hanno deciso di tentare a ogni costo la via del mare verso l’Ue. I due garantiscono a chi può pagare 1.300 o 1.500 dollari di non venire intercettati dalla cosiddetta guardia costiera libica perché, dicono gli stessi profughi, gli versano una tangente del 30% della somma versata da ogni passeggero. Finora avrebbero messo a segno almeno un paio di colpi a testa tra luglio e agosto con salvataggi o arrivi a Lampedusa, dicono i profughi rimasti a Tripoli che ricevono i messaggi dai compagni giunti a destinazione. I contrattempi non li fermano, i due criminali hanno i contatti per risolvere i problemi e oliare gli ingranaggi. A Mebhratom, ad esempio, è capitato di aver organizzato la partenza di un barcone da circa 80 persone la sera tra venerdì 28 e sabato 29 agosto, ma si è rotto uno dei due motori e la cosiddetta guardia costiera di Zwara ha arrestato 10 persone. Il giorno dopo il tigrino ha pagato ai libici mille dinari di cauzione a testa per liberarli. Le reti di Mebhratom sono poco conosciute, ma di lui è disponibile una fotografia e risponde alle telefonate sui numeri libici. Più misterioso Robot, che ha un profilo con foto di adolescenti sui social (indispensabili ai trafficanti per concludere i loro sporchi affari) ma di cui non si hanno immagini.

Più nota la sua rete criminale in Libia. È in affari, secondo la comunità eritrea di Tripoli, con il boss sudanese del traffico detto Aziz, uno dei signori della rotta maledetta tra Khartoum e Kufra. Robot è soprattutto l’ex braccio destro del famigerato Abuselam, il supertrafficante eritreo soprannominato "ferenshawi", il francese, che fino allo scorso novembre gestiva l’hangar delle torture per i connazionali nella fabbrica della morte di Bani Walid, il campo non ufficiale gestito dalle milizie. L’inchiesta Glauco 4 della procura di Palermo ha confermato il suo ruolo criminale. Viene accusato da numerosi testimoni di stupri, torture per estorcere riscatti alle famiglie e degli omicidi di chi non poteva più pagare. Dallo scorso autunno si sarebbe spostato a Dubai. Robot è il suo successore. La scorsa settimana un barcone di 95 persone partite da lui è stato salvato. E ha fatto arrivare profughi eritrei persino da Tunisi per imbarcarsi perché ha regalato il viaggio alle donne. Una singolare operazione per rispondere, dopo che le sue minacce di morte sono state ignorate, alle accuse dei rifugiati di Eritrea democratica che, in una infuocata diretta su Facebook, lo hanno accusato di avere sulla coscienza i 25 cadaveri ripescati dopo il naufragio del barcone affondato a Lampedusa lo scorso novembre con 149 persone a bordo. Ma chi aspetta a Zwara preferisce sfidare il mare che tornare a Tripoli.

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