lunedì 24 aprile 2017
Entro il 2050 nel mondo ci saranno 250 milioni di "ecoprofughi" e ogni anno cresceranno mediamente di 6 milioni.
Earth Day, il caso dei rifugiati ambientali
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Entro il 2050 nel mondo ci saranno 250 milioni di "rifugiati ambientali" e ogni anno cresceranno mediamente di 6 milioni. Secondo l'Internal Displacement Monitoring Agency, intere popolazioni hanno oggi il 60% di probabilità in più di essere forzati ad abbandonare la propria casa di quanto non ne avessero nel 1975. Si calcola poi che, dal 2008, già oltre 157 milioni di persone abbiano dovuto spostarsi per eventi meteorologici estremi.


I riflettori dell'Earth Day sono puntati per questo sul loro dramma misconosciuto e il Villaggio della Terra, promosso a Villa Borghese, dedicherà a questo tema l'intera giornata conclusiva del 25 aprile. "Il nostro pianeta - sottolinea Pierluigi Sassi, presidente di Earth Day Italia - sta subendo in maniera sempre più chiara e veloce, un cambiamento non dovuto a fenomeni naturali. Gli effetti dei mutamenti climatici, come è noto, riguardano tutti. L'impatto, però, che hanno sui Paesi più poveri e
sulle popolazioni più vulnerabili, è decisamente maggiore. Negli ultimi anni, proprio a causa di queste alterazioni e delle susseguenti drammatiche condizioni ambientali, sono aumentate le migrazioni forzate di intere fette di popolazioni nel mondo".

Le emergenze umanitarie causate da disastri naturali, però, molto spesso di naturale non hanno nulla. Un classico esempio è quanto sta avvenendo in Sud Sudan, dove centinaia di migliaia di persone sono state colpite da carestia e oltre un milione costrette alla fuga tra la fine del 2016 e inizio 2017.


Come testimoniano molti fonti accreditate, alla base di tale fenomeno c'è spesso l'impossibilità di allevatori, coltivatori e contadini, di occuparsi del bestiame e delle terre in quanto non accessibili per via del conflitto in corso tra truppe governative e ribelli, non certo per l'aridità del terreno. Ci sono poi i casi del Delta del Niger dove a causa di sversamenti petroliferi dei pozzi gestiti da compagnie occidentali, intere fette di popolazione sono state costrette a lasciare le proprie case o sono morte; quelli legati al fenomeno del cosiddetto Land Grabbing (accaparramento della terra per interessi economici ad opera di Stati e multinazionali).
Esistono anche situazioni di conflitto, in apparenza estranee a motivi ambientali, che nascondono in realtà origini strettamente
connesse ai cambiamenti climatici in atto. Una drammatico caso è rappresentato dalla guerra in Siria. La crisi, nota come primavera siriana, esplode dopo quattro anni consecutivi di siccità che avevano trasformato i terreni agricoli in deserto e creato problemi gravissimi all'agricoltura e all'industria.


"La battaglia per la conservazione dell'ambiente - rileva ancora Sassi - non avrebbe senso se non fosse primariamente una lotta per l'uomo, in particolare l'uomo più fragile, più a rischio, quello che subisce drammaticamente sulla propria pelle gli effetti dei cambiamenti climatici. La nostra organizzazione ha fortemente voluto porre all'attenzione di tutti il tema degli ecoprofughi e ribadire che il modo migliore per celebrare la Giornata Mondiale della Terra è avere coscienza dei rischi che stiamo correndo e intraprendere azioni concrete personali e comuni perchè il mondo sia più vivibile, a partire dalle popolazioni più vulnerabili". "Il fenomeno degli ecoprofughi - afferma da parte sua Antonia Testa, co-responsabile del Movimento dei Focolari di Roma - penso richiami da vicino quanto Papa Francesco esprime quando parla di "ecologia integrale", cioè l'importanza di riportare al centro dell'attenzione la persona. Ci si prende davvero cura del creato, dell'ambiente, se ci si prende cura degli uomini e delle donne che lo abitano, se la loro dignità viene difesa e promossa, sei i loro diritti fondamentali vengono riconosciuti. Lavorare in questa direzione vuol dire lavorare per la pace e questo, direi, è il modo più alto, più nobile di custodire la nostra Terra".


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