mercoledì 6 aprile 2016
COMMENTA E CONDIVIDI
Non vogliono tornare in Turchia. Hanno paura. La maggior parte dei migranti che si trovano nell’hotspot di Moria, sull’isola greca di Lesbo, non vogliono fare marcia indietro. Le autorità greche si trovano così a fare i conti con oltre 3mila persone che devono essere intervistate una ad una. Lo prevede la procedura. Dal 20 marzo scorso, infatti, dal giorno in cui è entrato in vigore il trattato siglato tra l’Unione Europea e la Turchia, per i migranti non c’è alternativa: o chiedono l’asilo in Grecia o vengono respinti in Turchia. Ma anche la prima soluzione, quella scelta dalla maggior parte, comporta dolore e rabbia. In attesa infatti di ottenere le carte e i bolli in regola i migranti sono costretti a vivere dietro il filo spinato. Gli hotspot sulle isole greche e in particolare a Lesbo, quello di Moria - dove la capacità è al collasso con oltre 3.300 persone al posto dei 2mila consentiti - sono così diventati dei veri e propri 'luoghi di detenzione', come li hanno ormai definiti le ong umanitarie che dall’entrata in vigore dell’accordo siglato a Bruxelles hanno deciso di sospendere gli aiuti all’interno delle aree destinate all’identificazione e alla registrazione. Acnur, Save the Children e Medecins sans frontieres puntano il dito contro le nuove procedure che non rispettano i diritti dei migranti e le norme internazionali sul diritto d’asilo. Dopo le prime 200 persone 'deportate' da Lesbo e Chios in Turchia, lunedì, altre 200 si imbarcheranno venerdì sui traghetti greci scortati dalla guardia costiera turca. I respingimenti programmati dall’accordo che prevedeva circa 2mila persone trasferite al giorno vanno col rallentatore. Le autorità greche non hanno ancora ricevuto il supporto del personale europeo: circa 4mila persone tra traduttori, funzionari e giudici esperti di diritto d’asilo che sarebbero dvute arrivare sulle isole per avviare la complessa macchina dei respingimenti. Così i tempi si allungano. E i migranti si trovano di fatto in stato di fermo negli hotspot, senza documenti ma soprattutto la libertà di entrare ed uscire. «Al momento ci sono 3mila persone ferme nel campo di Moria – racconta Maritina Koraki di Caritas Grecia impegnata a Lesbo – ma i numeri cambiano di ora in ora perchè gli sbarchi proseguono». Malgrado il rischio di essere rimandati indietro, siriani, afghani, pakistani e iraqeni continuano infatti a solcare quel piccolo tratto di mare che divide la Grecia dalla Turchia. «In media ci sono ancora circa 250 arrivi al giorno – prosegue Maritina – e vengono tutti trasferiti nell’hotspot. Le persone, anche le più vulnerabili, come anziani, bambini, malati o donne in stato di gravidanza ormai dormono per terra e in piccole tende». Manca il cibo. L’esercito è in grado di distribuire solo 2.300 pasti al giorno. «Sono disperati – prosegue Maritina – anche perchè manca informazione. Non sanno che cosa succederà loro dopo la ri- chiesta d’asilo e temono di essere respinti». La situazione a Moria è «esplosiva» e si aggrava di giorno in giorno. Lo conferma anche Michele Telaro, capo progetto di Medecins sans frontieres a Lesbo. «Ci sono troppe persone per i servizi disponibili – spiega Telaro – e c’è il rischio che la rabbia si trasformi in ribellione. Il governo ha appena varato la legge che prevede di evadere ogni richiesta d’asilo in trenta giorni (15 giorni per l’ammissibilità e altri 15 per l’appello) ma non hanno ancora avviato le procedure». C’è soprattutto l’emergenza minori a preoccupare. Nell’hotpost di Moria, stima Save the Children, ci sarebbero oltre mille bambini in stato di detenzione, di cui almeno 200 non accompagnati di età compresa tra i 10 e i 17 anni. A Lesbo Caritas Grecia gestisce anche un albergo dove sono accolti oltre 200 rifugiati in attesa di ricollocamento. Distribuiscono cibo, prodotti per l’igiene personale e abbigliamento. Assistono i migranti con le procedure burocratiche e li aiutano a integrarsi con la popolazione greca. «L’accordo tra l’Europa e la Turchia è anzitutto una sconfitta dell’Europa dei diritti» ribadisce Giancarlo Perego, direttore generale della Fondazione Migrantes della Cei. Intanto la notizia della visita di papa Francesco, a Lesbo, accende la speranza. «Papa Francesco sta indicando come l’accoglienza e la tutela dei diritti siano elementi fondamentali di democrazia e di crescita – conclude Perego – Laddove si dimentica questo, si fa un passo culturale indietro grave». © RIPRODUZIONE RISERVATA MORIA La protesta dei migranti contro l’accordo Ue-Turchia ( Ansa)
© Riproduzione riservata
COMMENTA E CONDIVIDI

ARGOMENTI: