martedì 29 luglio 2014
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Esprimere una preferenza non si può. Nessuna autorità potrà mai stabilire chi sarà il genitore, quale delle due coppie debba prevalere, «nella consapevolezza che qualsiasi sia la situazione in cui i bambini cresceranno, il dilemma etico resterà aperto». Ma qualcosa va fatto, e per certo: i bambini dovranno avere «due figure genitoriali certe di riferimento» e «la logica stringente dei diritti in competizione» dovrà essere messa da parte. A poco valgono le pur equilibrate raccomandazioni del Comitato nazionale di bioetica sull’incidente del Pertini – il clamoroso scambio di embrioni avvenuto lo scorso dicembre. Mentre gli esperti si esprimono a favore di una soluzione di compromesso, infatti, tra le due coppie coinvolte nell’errore ormai è guerra aperta. «I veri genitori siamo noi, gli unici. I bambini devono avere il nostro cognome fin da subito, appena nati. Andremo all’anagrafe per segnarli come nostri. Ce li dovranno restituire». Le prime, pesanti accuse vengono lanciate domenica dai genitori genetici: quelli, per intendersi, cui appartenevano gli embrioni ma che non aspettano materialmente i bambini. «Ricorreremo a un tribunale per tutelare i diritti dei nostri figli. Non avremmo voluto. Siamo delusi e stanchi della mancanza di responsabilità dimostrata a tutti i livelli fino ad oggi», dicono. E poi, riferendosi all’altra coppia: «La felicità che spettava a noi è toccata ad altri. Quei due signori si sono comportati in modo irresponsabile. Spariti, non hanno mai risposto ai nostri appelli. Magari avremmo potuto trovare una soluzione». La risposta degli altri genitori, quelli “biologici” per così dire, non si fa attendere: «I bambini sono nostri figli, li alleveremo noi e non abbiamo intenzione di dividerli con nessuno». I due aggiungono di nutrire «un sentimento di sincero dispiacere per l’altra coppia. Ma, dopo l’imperdonabile errore commesso dall’ospedale, non potevamo certo rinnegare quelle due creaturine nel nostro grembo». Anche loro pensano già al tribunale, a una pratica di riconoscimento della paternità, ma soprattutto alla salvaguardia dei bambini: «Noi eravamo disponibili ad incontrare l’altra coppia, ma alla nostra richiesta di conoscere il motivo del confronto si sono negati ». La vicenda è solo all’inizio. 
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