martedì 13 dicembre 2016
La mamma, incinta, doveva essere alloggiata con qualche altra donna e alcuni bambini, profughi, nella località del Ferrarese, ma erano state cacciate da una sollevazione di ispirazione leghista
Il piccolo Michael vicino alla mamma. Rifiutato da Gorino, in provincia di Ferrara (Estense.com)

Il piccolo Michael vicino alla mamma. Rifiutato da Gorino, in provincia di Ferrara (Estense.com)

COMMENTA E CONDIVIDI

«Quest’anno il Natale lo avremo in casa! Ritorni il 16 dicembre e faremo festa insieme». Ferrara, fine novembre: così ci avevano salutato le dieci ragazze africane, quattro di loro – le più impaurite – da poco in Italia, serene le altre sei, integrate da un anno. «Michael nascerà il 16», sorridevano attorno a Joy che, carezzandosi il ventre rigonfio di vita, annuiva con fierezza africana. Invece Michael ha bruciato le tappe, è venuto alla luce all’alba di lunedì con quattro giorni di anticipo. Il suo viaggio nel mondo era iniziato in Nigeria a primavera, concepito da sua madre Joy, 20 anni, e suo padre Lamid. Ma il suo lungo cammino verso l’Italia era partito in estate, quando, lasciate alle spalle violenza e povertà, i suoi genitori si erano avviati verso il sogno di un futuro possibile.


Un sogno che per mesi aveva superato confini e deserti, aveva resistito a ricatti e rapine, aveva infine affrontato anche il mare di notte, tra la Libia e l’Italia, ma si era infranto proprio all’ultimo, alla periferia di Gorino, che non è nella perigliosa Africa ma in provincia di Ferrara. Era il 24 ottobre e le barricate erette da duecento abitanti del paesino senza stranieri si opponevano a dodici ragazze sfinite, costringendo il pullman a portarsele via: niente cena, niente letto, niente rifugio, non passa lo straniero...


Sembravano dodici, in realtà erano tredici, con il piccolo Michael ignaro e rannicchiato nel tepore di sua madre. Del padre si erano perse le tracce proprio al momento dell’imbarco: «L’ultimo istante che l’ho visto stava supplicando un arabo perché ci lasciasse salire sulla barca, dopo l’ho perso di vista nella calca e mi sono trovata a bordo senza di lui – ci raccontava Joy a novembre, ormai al sicuro a Ferrara grazie all’associazione Viale K della parrocchia di Sant’Agostino –. Eravamo scappati dalla Nigeria per difendere la nostra fede cristiana e per offrire un mondo migliore al bambino. Abbiamo scelto l’Italia perché si sa che siete un Paese buono con noi. Siamo salpati in duecento, ma Lamid non c’era, lo sto cercando con Facebook, forse ha preso un’altra barca ed è approdato lontano, forse è ancora in Libia...».


Il barcone che trasportava Joy e il suo bambino era approdato in Calabria dopo tre giorni e tre notti di mare, poi il viaggio della salvezza, fino alle barricate di Gorino e all’accoglienza di Ferrara. Qui oltre a Joy abbiamo incontrato altre tre ragazze respinte, stupite di quanto era successo: «Perché hanno paura di noi? Che male possiamo fare, noi che dal male siamo scappate?». Ancora convinte che «gli italiani non sono razzisti, sicuramente a Gorino non c’è gente cattiva, solo non conoscevano le nostre storie». Storie che Abidemi quel giorno ha voluto raccontarci senza parole, abbassando la dolcevita e mostrando la carne macellata: «Mi gettavano addosso l’acqua bollente e sulle piaghe aperte il sale. Ho pregato Dio di salvarmi e quando ormai stavo morendo due buone donne mi hanno aiutata a fuggire...».


Occhi tristi e racconti stanchi, strette tra loro sul divano. Solo Joy sorrideva, col sorriso ragazzino di chi porta in sé un segreto più grande di ogni dolore. Apriva il golf rosso fuoco ed esibiva la pancia come si fa di un capolavoro. «Lo vede? Ha otto mesi, i medici dicono che nascerà il 16 dicembre e lo chiamerò Michael. Ha viaggiato tutto questo tempo con me, ha attraversato il deserto e il mare, ora lavorerò per lui, farò la parrucchiera, lui merita il meglio». Come ogni uomo che viene al mondo, del resto, anche se il 90 per cento di questo "meglio" in realtà tocca in sorte al 10 per cento dell’umanità, senza nemmeno bisogno di meritarselo.


Nel presepe vivente di Viale K quest’anno ci sarà dunque un bambinello di tre chili, sano e «sempre affamato di latte», e sotto l’albero troverà il regalo più bello, perché finalmente le ricerche di Joy hanno avuto successo e dopo tante lacrime due giorni prima che nascesse il bambino il suo cellulare ha squillato: «Ho trovato Lamid, presto saremo di nuovo tutti e tre insieme», mormora nel suo letto d’ospedale. Stremata dal parto, in suo figlio trova però la determinazione per guardare avanti, proprio come durante il suo lungo viaggio, sempre avanti, sui mari e nei deserti della vita (solo Dio sa quanti ancora ne dovrà incontrare), senza arrendersi mai.


A Viale K le amiche la attendono e con loro Destiny, la mascotte della casa. La sua mamma lo ha partorito due anni fa in Libia prima ancora dell’imbarco, e a Ferrara lo ha battezzato Destino. È stata lei a dircelo: «Michael benedirà il nostro Natale, torni che facciamo festa»...

© Riproduzione riservata
COMMENTA E CONDIVIDI

ARGOMENTI: