venerdì 31 maggio 2019
Meno sprechi e più sicurezza alimentare. A Milano il Centro nanoscienze dell’Iit sta elaborando un progetto per rilevare i batteri nei prodotti alimentari grazie a cristalli fotonici digeribili.
Nanotecnologie, la ricerca avanza (dal sito dell'Istituto italiano di tecnologia)

Nanotecnologie, la ricerca avanza (dal sito dell'Istituto italiano di tecnologia)

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Una confezione in grado di cambiare colore in presenza di contaminazioni: un sistema che, oltre a garantire la salute, servirà a diminuire gli sprechi avvisando quali prodotti consumare per primi Cristalli fotonici. E addirittura circuiti elettronici ingeribili (e digeribili) contro lo spreco alimentare. Ha il suo cervello a Milano la più 'sociale' delle sfide lanciate dall’Istituto italiano di tecnologia (Iit): due progetti che oggi sembrano quasi fantascientifici, ma che i ricercatori di via Pascoli - dove l’istituto ha il Centro di nanoscienze e tecnologia - ipotizzano di concretizzare nel giro di qualche anno.

Partei dal primo giugno, con il sostegno triennale di Fondazione Cariplo, il nuovo studio sui cristalli fotonici: elementi che 'negli ultimi tempi hanno suscitato grande interesse - spiega Giuseppe Paternò, coordinatore del progetto - e che noi ora vorremmo utilizzare in grandi numeri per rilevare i batteri nei prodotti alimentari, soprattutto quelli a base di carne e uova'.

Il punto sta proprio in questi 'grandi numeri': oggi, infatti, cristalli fotonici in grado di rilevare batteri già esistono. Ma i sensori in cui sono inseriti rimangono chiusi nei lavoratori, fruibili solo con appositi strumenti dagli scienziati di turno. Il ricercatore dell’Iit vuole invece arrivare a produrli su vasta scala, a prezzi ridotti, per rivoluzionare la filiera produttiva del cibo.

L’obiettivo, spiega, è quello di 'fornire all’industria alimentare delle pellicole in grado di cambiare colore al primo attacco batterico, per esempio dell’Escherichia coli'; sarebbe così possibile 'rimuovere tempestivamente la porzione di cibo che mostra segni di ammaloramento, scongiurandone l’ampliamento della contaminazione e dunque lo smaltimento precoce'. In concreto, il team di Paternò dovrà realizzare microsensori a base di cristalli fotonici, assolutamente atossici, da poter 'spalmare' su tutta o quasi la pellicola a diretto contatto con l’alimento. Scienza, dunque, ma non solo.

La scheda del progetto riporta pure alcuni dati sullo spreco di cibo che, secondo i dati diffusi dalla Fao a febbraio, per i 4/5 avviene nelle case. Raggiungendo in Italia un valore economico di quasi 12 miliardi. Da qui un’altra idea dell’Iit: studiare una tecnologia in grado di avvisare le famiglie quando un prodotto nel frigorifero non è più commestibile, evitando così che sia buttato solo perché arriva il giorno indicato sotto la scritta 'da consumarsi preferibilmente entro il…'.

Ne ha recentemente parlato al Food&Science Festival di Mantova Mario Carioni, il coordinatore di un progetto da far strabuzzare gli occhi: realizzare circuiti elettronici non solo ingeribili (in medicina, dispositivi diagnostici da espellere a fine esame già esistono), ma anche assimilabili dall’apparato digerente. Con una precisazione: 'Non si tratta di dar da mangiare circuiti elettronici - ha scandito il ricercatore - quanto piuttosto di giungere a sfruttare le proprietà elettroniche di ciò che già consideriamo cibo, come lo sono alcuni inchiostri organici, arricchendoli di altri materiali che possono diventarlo. L’argento, per esempio, che in quantità limitate viene già usato in pasticceria'.

Il sistema, più o meno, dovrebbe funzionare così: dentro al cibo si mettono sensori in grado di rilevare la decomposizione dell’alimento, realizzati su supporti cartacei del tutto simili a quelli dei tatuaggi per i bambini. Questi sensori comunicano poi all’esterno: con un’etichetta intelligente, 'smart', o addirittura con il frigorifero o un’app del telefono. Ad alimentare l’impianto piccole celle fotovoltaiche in grado di sfruttare anche la luce artificiale. I primi risultati dello studio sono stati pubblicati dalla rivista scientifica Advanced Materials e Caironi è convinto: 'Saranno strumenti in grado di evitare lo spreco di cibo su larga scala, ma non solo'. E in effetti, le applicazioni pratiche di questo sistema sfiorano l’inimmaginabile: pillole 'intelligenti', per esempio, in grado comunicare in tempo reale la quantità di farmaco assunta. E in quali condizioni fisiologiche.

Intervista - L'elettronica buona da mangiare

Circuiti elettronici commestibili e frigoriferi parlanti? “Non sono fantascienza, ma ciò che saremo in grado di mettere in commercio tra qualche anno”. E se a dirlo è Guglielmo Lanzani, il coordinatore della sede milanese dell’Istituto Italiano di Tecnologia (Iit) e docente del Politecnico di Milano, è difficile non credergli.

Professore, qui a Milano di quali altri progetti vi state occupando?
Un progetto importante è quello in collaborazione con Fabio Benfenati, condiviso con i colleghi dell’IIT di Genova e con uno dei maggiori centri oculistici d’Italia, l’ospedale Sacro Cuore Don Calabria di Negrar, Verona. L’ obiettivo è quello di costruire una retina artificiale a base di materiali organici, per combattere la cecità attraverso la sostituzione dei fotorecettori naturali. Qui a Milano invece conduciamo soprattutto studi sulle celle fotovoltaiche e sull’elettronica stampata, ma anche su metodi alternativi di stoccaggio e rilascio di energia e sull’assorbimento di luce da parte delle alghe.

Celle fotovoltaiche…ma i pannelli solari non esistono già?
Sì, ma noi ne stiamo studiando di nuove, più funzionali rispetto a quelle già esistenti: di plastica, leggere, colorate, che possano trasformare anche la luce artificiale di un ambiente chiuso e alimentare sensori posizionati sulla superficie dei cibi, sulle loro confezioni, nei frigoriferi. Sono dispositivi leggeri, facili da costruire e poco costosi…ne abbiamo parlato anche con Caritas Ambrosiana. Qui l’idea sarebbe quella di alimentare piccoli frigoriferi o apparecchiature mediche da campo per averli là dove sarebbe difficile portare i tradizionali pannelli solari, voluminosi, pesanti…in qualche missione sperduta, per esempio.

E le alghe invece?
Questo progetto è in collaborazione con l’Università di Bari: vorremmo riuscire a far assorbire alle alghe più luce, in modo da poter controllare la fotosintesi per via non genetica. Sarebbe così possibile aumentare la produzione di biomassa all’interno di un bioreattore, oppure ossigeno, e diminuire quella di anidride carbonica. Cosa molto utile, per esempio, nelle missioni spaziali o su una futura base lunare.

Ma chi è il vostro datore di lavoro?
L’Iit è un centro di ricerca finanziato dallo Stato, vigilato dal Ministero dell’economia e delle finanze e dal Ministero dell’istruzione, università e ricerca e sottoposto al controllo della Corte dei Conti.

Qui a Milano, l’Iit ha il Centro di nanoscenze e tecnologia. Qual è la missione di questo centro?
Al CNST proviamo a trasformare la materia in qualcosa di sempre più utile, e per far questo collaboriamo con il Politecnico, scambiandoci vicendevolmente l’accesso ai laboratori. Ci ruotano attorno circa 120 persone, impegnate in tre diverse linee di ricerca: energia, biomateriali ed elettronica stampata.

Mi par di capire che siate molto attenti all’energia ecosostenibile…
Non solo a quella: abbiamo particolarmente a cuore la ricerca su tutte le tecnologie sostenibili che guardano all’uomo e agli aspetti sociali: alimentazione, cura, invecchiamento…

Ma non c’è il rischio che tutti questi studi rimangano dentro il laboratorio, senza ricadute concrete?
Il rischio c’è, e lo sappiamo: molto spesso, arrivare sul mercato non è solo questione di una buona idea, ho visto idee geniali non andare da nessuna parte. Ma proprio per questo ci sforziamo di portare le nostre idee nel mondo reale, in mezzo alla gente. Qui a Milano, per esempio, il nostro centro ha già fondato 4 startup…

Niente cervelli in fuga, dunque?
Guardi, direi il contrario. Tre nostri ricercatori, Maria Rosa Antognazza, Mario Caironi e Annamaria Petrozza, hanno vinto il prestigioso riconoscimento europeo Erc (European Research Council, ndr), e stanno sviluppando qui il loro progetto finanziato con i fondi europei. Non solo. L’ultima nostra startup, Energyeverywhere, è finanziata per metà da Regione Lombardia, per l’altra metà da investitori californiani. E stavolta sono loro a venire in Italia…

Per una volta, dunque, fuga al contrario…e di cosa si occupano le società nate dal Centro milanese di nanoscienze?
RIBES Tech (supportata da OMET) e Energyeverywhere puntano a realizzare un processo di stampa delle celle fotovoltaiche. Un'altra, appena fondata, riguarda l’elettronica stampata. Infine, On-Iris ha l’obiettivo di portare la retina artificiale all’uomo. Inoltre abbiamo progetti applicativi visionari, come quelli coordinati dal nostro ricercatore Mario Caironi: produrre etichette smart, integrate direttamente sulla superficie di frutta, verdura o carne, in grado di rilevare e comunicare, per esempio, lo stato di conservazione del cibo lungo tutta la catena di distribuzione dal produttore, al grande rivenditore, o più semplicemente conservato nei frigoriferi delle nostre case. Questa tecnologia si propone di favorire anche lo sviluppo di farmaci “intelligenti”, pillole dotate di circuiti elettronci in grado comunicare in tempo reale al medico curante o ai familiari del paziente quando un farmaco viene assunto, in che quantità e in che condizioni fisiologiche.

All’inizio, lei diceva che dovrebbero arrivare sul mercato tra qualche anno. Se le chiedessi di sbilanciarsi?
Potrei dire 5.



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