domenica 16 febbraio 2014
Positivo l’esame sulla regolarità delle adesioni nei 28 Paesi 
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L’iniziativa «Uno di noi» do­vrebbe approdare formal­mente già lunedì 17 febbraio alla Com­missione europea, con la consegna della certificazione delle firme di 20 stati membri (su 28). Quando all’ap­pello mancano ancora alcuni Paesi, le firme certificate sono circa 1.600.000, il totale finale dovrebbe aggirarsi in­torno a 1.800.000. Un risultato note­vole, visto che le norme del nuovo trat­tato di Lisbona – che per la prima vol­ta ha creato l’istituto dell’iniziativa po­polare – prevede come soglia minima un milione di firme raccolte in non meno di 7 Paesi. 

Ana Del Pino, spagnola, coordinatri­ce esecutiva dell’iniziativa, si dice fi­duciosa nel positivo completamento delle certificazioni per poter presen­tare la petizione alla Commissione eu­ropea nel quadro di un’audizione pubblica, con tutta la forza di un nu­mero imponente di adesioni. Peraltro, la coordinatrice fa notare che in tutti i Paesi «in media oltre l’80% del­le firme è stata convalidata dalle au­torità, e per l’Italia si è arrivati al 98%». La presentazione delle firme certifi­cate alla Commissione sarà l’occasio­ne per illustrare nuovamente le due proposte legislative sottoscritte da quasi due milioni di persone (una per lo stop ai finanziamenti Ue ai pro­grammi di ricerca Ue che implichino la distruzione di embrioni umani, ad esempio per l’utilizzo di staminali em­brionali, e una per lo stop al finanzia­mento di programmi di cooperazione allo sviluppo che sostengano l’aborto). «Abbiamo voluto rendere la vita più semplice alla Commissione – spiega Del Pino – presentando non quesiti generici o principi vaghi, ma testi le­gislativi già pronti». La Commissione avrà tre mesi di tempo per prendere posizione in materia, ma, spiega Del Pino, «dai nostri contatti è emerso che la Commissione non vuole aspettare la scadenza dei tre mesi, ma rispon­dere in poche settimane». Gli orga­nizzatori mostrano ottimismo: come viene fatto notare, è la prima volta che si usa lo strumento dell’iniziativa po­polare, creato proprio per ridurre il di­vario democratico tra cittadini e isti­tuzioni Ue, e sarebbe singolare se la Commissione si mostrasse ostile di fronte a una così massiccia adesione. C’è però un problema di calendario i­stituzionale.  La Commissione euro­pea attualmente in carica termina il suo mandato a novembre, mentre il Parlamento europeo si scioglie già ad aprile in vista delle europee di maggio. Così, anche se la Commissione cer­casse di affrettare i tempi per presen­tare un suo testo legislativo, dovrà co­munque aspettare il pieno insedia­mento del nuovo Parlamento euro­peo, che si inaugura a luglio. Non è improbabile, insomma, che il dossier alla fine passerà alla nuova Commis­sione, alla quale starà poi di portarlo avanti. Dunque al Comitato europeo per «Uno di noi» la parola d’ordine è: vigilanza.

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