mercoledì 6 novembre 2013
Si è risolto in Parlamento il caso dei dipendenti penalizzati dalla riforma Fornero, che non aveva ritenuto valide neanche le giornate di assenza per assistere familiari disabili o anziani.
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Si è conclusa positivamente in Parlamento la vicenda dei donatori di sangue penalizzati dalla riforma Fornero che non aveva ritenuto utili per la pensione le giornate di assenza dal lavoro per donazione. Nel rigido scenario della riforma, migliaia di lavoratori si sono trovati ad un bivio: allungare la permanenza sul posto di lavoro tanto quanto le giornate impegnate per le donazioni (spesso fino a 160 giornate), oppure rassegnarsi ad una corrispondente riduzione del vitalizio.La distrazione (o precisa volontà?) della riforma è stata superata grazie alla pressione di patronati, sindacati e di altre rappresentanze, che ha indotto Camera e Senato a confermare la validità ai fini pensionistici dei permessi lavorativi per donazioni di sangue ed emoderivati. La relativa disposizione è inserita nella legge 125 del 30 ottobre scorso (legge di conversione del decreto 101 sulla Pubblica amministrazione).Congedi di assistenza. In situazione analoga a quella dei donatori sono stati coinvolti i lavoratori che utilizzano i congedi della legge 104 per assistere i familiari disabili e gli anziani non autosufficienti. Penalizzati sia nei propri diritti pensionistici sia sul regime di  assistenza ai familiari disabili. La vicenda dei congedi parentali di maternità e paternità è rimasta tuttavia in sospeso fino a pochissime ore dalla scadenza del decreto 101, utilizzato come veicolo per la necessaria correzione. La soluzione positiva - sempre in dubbio per la dovuta copertura finanziaria - è giunta in extremis, attingendo risorse dal Fondo per i precari in servizio nelle amministrazioni pubbliche. Il rischio, concreto, di mancata conversione del decreto entro i termini di legge avrebbe annullato ogni rettifica alle penalità della riforma, sia per le donazioni di sangue sia per i permessi di assistenza.Diritti ripristinati. L’allarme iniziale delle categorie interessate, colpite nelle loro giuste aspettative, ha dato luogo ad alcune ambiguità nelle modalità di applicazione dei permessi. È opportuno riassumere il quadro dei diritti ripristinati dalla nuova legge 125: per la pensione di vecchiaia ordinaria (20 anni di contributi ed un’età di 66 anni e 3 mesi, ma per le donne 63/64) la donazione di sangue non incide in nessun caso sul diritto alla pensione. I relativi permessi, essendo usufruiti a giornate, rientrano nelle settimane già considerate dall’Inps come interamente lavorate e valide per l’anzianità contributiva. Unica eccezione per gli operai agricoli, retribuiti a giornata, per i quali la donazione vale come singolo contributo effettivo per l’anzianità.Anzianità. Per la pensione di vecchiaia anticipata (ex anzianità) la riforma richiede 42 anni e 5 mesi di versamenti e 62 di età (alle donne 41 e 59) a patto che i contributi corrispondano ad un effettivo lavoro. In questo è però compresa la malattia, la maternità, l’infortunio, il militare, la cassa integrazione ed ora di nuovo donazioni di sangue e congedi. Se la stessa pensione è richiesta prima dei 62 anni, il suo importo è ridotto dell’1 o del 2% in proporzione agli anni di anticipo. La legge 125 consente ora ai lavoratori che hanno già ricevuto dall’Inps un provvedimento di rigetto della pensione (oppure un importo ridotto) in base alle vecchie regole della riforma hanno ora l’opportunità di ricorrere per il riesame della richiesta originaria.
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