giovedì 25 marzo 2021
Trapianto di fegato da donatore vivente alle Molinette di Torino. Barbara, che è medico, si è proposta lei stessa per l’operazione. Ora entrambe stanno bene. Al lavoro tre squadre di medici
Donare la vita un'altra volta. Greta, salvata dalla mamma
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Barbara e Greta sono unite davvero a filo doppio. E non solo perché Barbara è la mamma di Greta, ma perché Greta d’ora in avanti vivrà con il fegato di Barbara. Storia bella, quella che si dipana tra la Sardegna e il Piemonte. Storia d’amore materno e di altissima medicina, che oggi arriva ad un punto fermo: un trapianto di fegato da donatore vivente. Perché Barbara ha donato la parte sinistra del proprio fegato per salvare Greta che ha solo tre anni e mezzo. Tutto è avvenuto nei giorni scorsi all’ospedale Molinette della Città della Salute di Torino. La storia inizia quando Greta nasce con una rara malattia congenita del fegato che determina ittero irreversibile (l’atresia delle vie biliari). La bambina quando ha sei settimane di vita viene sottoposta ad un intervento 'riparativo' (intervento di Kasai), che riesce a ristabilire il flusso biliare verso l’intestino risolvendo l’ittero, ma che non riesce ad evitare che il fegato vada verso la cirrosi epatica.

E i segnali della malattia arrivano piuttosto velocemente. Così Greta, anche se vive in Sardegna, viene presa in cura dal reparto di gastroenterologia pediatrica di Torino. Si pensa al trapianto. Greta quindi viene inserita anche nella lista d’attesa nazionale apposita. È il maggio del 2020. Inizia l’attesa, mentre Greta peggiora a causa di una serie di infezioni che determinano quello che i medici chiamano «stato di malnutrizione» e che si traduce in una scarsa crescita. Greta pesa solo 11 chilogrammi. Da gennaio di quest’anno, la bambina finisce ininterrottamente ricoverata a Torino senza prospettive di dimissione. Barbara è mamma e medico e forse proprio per questo capisce di più quanto non sia più sostenibile l’attesa.

È lei che si propone come potenziale donatrice di fegato per far 'rinascere' da lei sua figlia per la seconda volta. L’impresa non è di poco conto per molti motivi. Entrano in campo i medici dell’ospedale e la Commissione di 'terza parte' (costituita per valutare proprio la possibilità di donazioni di fegato da vivente). Barbara viene considerata pienamente idonea per la donazione. Si parte. L’intervento è doppio. Prima il prelievo della parte sinistra del fegato della mamma e poi il trapianto dell’organo al posto del fegato malato nella bambina. Si tratta di 12 ore di camera operatoria con tre squadre di medici. Ad agire sono Renato Romagnoli con i suoi specialisti di trapianto di fegato, Fabrizio Gennari con i collaboratori della chirurgia pediatrica e l’équipe di anestesia e rianimazione di Roberto Balagna. Tutto è andato bene.

La mamma-medico ha avuto un decorso post-operatorio senza complicazioni e assiste Greta in prima persona. Operazione da primato, dunque. Anche perché erano 10 anni che non veniva eseguito un trapianto di fegato da donatore vivente nel centro di Torino. E c’è dell’orgoglio (giusto) nelle parole di Giovanni La Valle, direttore generale della Città della Salute, che dice: «Ancora una volta, in una situazione di grande emergenza quale quella legata al Covid- 19, abbiamo dato prova di capacità davvero straordinarie, ovvero di saper non solo arginare l’infezione da coronavirus, ma anche di saper affrontare tutte le altre quotidiane malattie non-Covid, a cominciare da quelle più complesse che richiedono trapianti d’organo salvavita». Più di tutto però vale ben altro: adesso la piccola porzione di fegato trapiantata crescerà rapidamente all’interno del corpo di Greta, che prenderà peso e crescerà bene.

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