martedì 17 settembre 2013
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Avete denunciato una crescita "esponenziale" della povertà in Sardegna. A pochi mesi dai dati Istat, un nuovo choc?Statisticamente, è confermato il dato, mostruoso, delle 147mila famiglie sarde sotto la soglia di povertà "certificate" dall’Istat - risponde don Marco Lai, delegato regionale della Caritas - ma le richieste d’aiuto ai nostri centri d’ascolto continuano a crescere, come dimostrano i dati del primo semestre, e si consolidano tendenze come la nazionalità italiana dei poveri e l’incidenza del fenomeno nella popolazione attiva. Evidenza che deve far riflettere chi sostiene che la crisi è alle spalle.Quali sono i punti deboli della società sarda?Le donne. Le persone meno istruite. I cassintegrati e i disoccupati di lungo corso. Soprattutto, la maggioranza silenziosa della povertà: le famiglie che vivono tra le pareti domestiche stenti e rinunce. Tra qualche giorno i poveri dell’isola incontreranno il Papa. Cosa gli chiederanno?Di essere amati. Non possiamo chiedere al Papa un lavoro o dei soldi. La Chiesa fa molto, ascoltando e intervenendo, ma sempre in uno stile di collaborazione con lo Stato, al quale spetta farsi carico del problema. Lo Stato fa abbastanza?La Caritas sarda fin dal 2011 ha suggerito di non fermarsi alle misure ad hoc, investendo nel welfare integrato, su progetti differenziati per età, genere, disagio, di dare maggior peso ai servizi pubblici locali, di intensificare i servizi rispetto ai fondi erogati perché non possono essere solo i sussidi a contrastare la povertà, ma è chiaro che la stagione dei tagli ha tarpato le ali a molte iniziative.La crisi tarpa le ali anche alla Caritas?Una volta chiudevamo il bilancio a dicembre, oggi i fondi iniziano a scarseggiare a giugno. I centri di ascolto e i centri diocesani di assistenza continuano a lavorare ma la situazione è critica anche per noi, particolarmente sul fronte del Prestito della Speranza: con l’intervento dell’Associazione Sant’Ignazio di Laconi si erogano 1,5-1,8 milioni di euro all’anno, ma con una gran fatica a costruire i prestiti insieme alle banche presenti sul territorio, le quali, pur avendo aderito al progetto, spesso trovano oneroso gestire queste operazioni di microcredito, che invece sono essenziali per sottrarre potenziali "clienti" all’usura e all’assistenza.
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