martedì 18 febbraio 2020
In centinaia da tutta Italia a Roma per chiedere giustizia e verità, più attenzione da parte delle istituzione sullo status di vittima di mafia
La manifestazione di Libera davanti al Parlamento

La manifestazione di Libera davanti al Parlamento - Foto Mira

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Giustizia e verità, non benefici ma diritti. È quello che hanno chiesto centinaia di familiari delle vittime delle mafie in presidio per tutta la mattina davanti al Parlamento. Sono arrivati da tutta l'Italia, genitori, figli, fratelli, di chi è stato strappato dalla violenza mafiosa. Il 75 per cento di loro non ha avuto ancora giustizia. Portano le loro foto, indossano magliette coi loro nomi. Con grande dignità, in silenzio, solo il suono dolce e triste di un quartetto d'archi. E le forti parole di don Luigi Ciotti, presidente di Libera, l'associazione che da 25 anni, il 21 marzo, promuove la Giornata della memoria e dell'impegno in ricordo di tutte le mafie (quest'anno sarà a Palermo). "Mentre alla Camera si vota la fiducia al Milleproroghe frutto di faticosi compromessi - dice don Luigi Ciotti - noi siamo qui in piazza in silenzio ad esprimere la nostra sfiducia. Non dobbiamo mai dimenticare le cose positive di questi anni, vogliamo continuare a dare fiducia alla politica seria. Però dobbiamo alzare la voce quando qualcuno sceglie il silenzio. Non possiamo stare zitti e inermi. La mafia più pericolosa è la mafia delle parole, è immobilismo, la burocrazia, il promettere e non fare. La lotta alle mafie non può diventare un esercizio retorico, uno strumento di facile consenso".

Non una protesta sterile. "Non è elemosina ma diritti - insiste don Luigi -. Le vittime non sono un marchio da usare quando fa comodo". Così al Parlamento, alla Politica, fanno delle precise richieste, per superare assurdi ostacoli. In primo luogo che sia
riconosciuto lo status di vittima di mafia anche alle persone che hanno perso la vita a causa di eventi delittuosi di stampo mafioso in data antecedente al 1 gennaio 1961, come attualmente prevede la legge escludendo, ad esempio, il lungo elenco dei sindacalisti uccisi da "cosa nostra" tra gli anni '40 e '50, come Placido Rizzotto e Nicolò Azoti.
Quando quest'ultimo venne ucciso nel 1946 aveva un figlio di 6 e una bambina, Antonina, di quattro anni. Oggi Antonina ha 78 anni, ed è anche lei in piazza per chiedere quei diritti che non ha mai avuto. Ma non solo questo chiedono i familiari. Anche l'equiparazione delle vittime del dovere e delle mafie alle vittime del terrorismo, al fine di evitare ulteriori disparità in base alla tipologia dell’evento delittuoso.

Inoltre che riguardo all’estraneità della vittima e dei suoi familiari dai ambienti mafiosi fino al 4 grado, così come previsto dalle norme, sia effettuata una valutazione caso per caso, relativamente alle frequentazioni del superstite e dei familiari della vittima e non sul grado di parentela: non può bastare un prozio mafioso per non riconoscere come vittima innocente un bambino di pochi anni, eppure succede. C'è poi una circolare del Ministero dell’Interno del 18 giugno 2019 (ministro Matteo Salvini) che impone che la richiesta di riconoscimento dello status di vittima innocente di mafia sia fatta entro dieci anni dall’evento, periodo entro il quale a volte non è ancora terminato il processo e c'è poi anche il limite di novanta giorni entro cui presentare la domanda dopo le motivazioni della sentenza definitiva.

La manifestazione di Libera davanti al Parlamento

La manifestazione di Libera davanti al Parlamento - Foto Mira

È l'incredibile vicenda che ci raccontano la mamma e la sorella di Domenico Martimucci, giovane calciatore di Altamura, appena 26 anni, prima vittima innocente delle "azzardomafie", ucciso il 5 marzo 2015 dalla bomba contro il Circolo Green. L'esecutore dell'attentato è stato condannato fino in Cassazione, il mandante in Appello.

La famiglia di Domenico ha fatto domanda per il riconoscimento di vittima innocente, ma il ministero dell'Interno l'ha respinta dicendo che era giunta dopo tre mesi. "Non è vero - ci dice la sorella Lea - e infatti abbiamo fatto ricorso. Ma è assurdo che ci siano dei tempi così ristretti e che ci trattino in un modo così burocratico". Già è proprio assurdo. I familiari chiedono poi un riordino ragionato di tutte le norme che disciplinano i diritti previsti a favore delle vittime delle mafie, al fine di rendere effettiva la fruizione che resta molto spesso solo sulla carta.

La manifestazione di Libera davanti al Parlamento

La manifestazione di Libera davanti al Parlamento - Foto Mira

E, infine, che l’attenzione alla vittima venga posta al centro della riflessione del legislatore, al fine di rendere operative anche in Italia le direttive europee in materia di tutela della vittima e dei suoi familiari. E questo anche in sede processuale, in cui le vittime hanno una posizione visibilmente limitata rispetto a quella del reo. Ed è quello che dicono al presidente della Commissione Antimafia, Nicola Morra che partecipa al presidio. E poi al presidente della Camera, Roberto Fico che riceve don Luigi e una delegazione di familiari. La promessa è di istituire un tavolo di lavoro, coinvolgendo Commissioni, ministeri, politici, per risolvere i problemi posti. Don Ciotti è soddisfatto. "Tocca a noi essere più vivi. Facciamo parlare quelle foto. Sono il grido del nome delle vostre persone care. Abbiamo speranza".

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