martedì 21 luglio 2015
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C’è qualcosa che non va. Come nei film western quando un lungo silenzio precede l’assalto degli indiani. «Parlando di droghe e di dipendenze, ci troviamo in una situazione simile: in questo momento c’è una mancanza di ragionamento sul tema, dal punto di vista politico, organizzativo e di prevenzione. Il mio timore è che potremmo svegliarci tra qualche anno e scoprire che il mondo è cambiato. E in peggio». Riccardo Gatti, medico psichiatra e responsabile del dipartimento Dipendenze dell’Asl città di Milano osserva da anni il fenomeno delle dipendenze.  A preoccupare Gatti è lo “sdoganamento” generale delle droghe, una maggiore tolleranza soprattutto verso quelle sostanze che, erroneamente, vengono considerate meno pericolose. È il caso della cannabis, il cui uso a Milano è in crescita. Una ricerca condotta dall’Asl nel 2013 rivela come il 35% dei ragazzi tra i 15 e i 24 anni abbiano fatto uso di cannabis almeno una volta all’anno (erano il 28% nel 2010). Segno di una normalizzazione dell’uso di questa sostanza, che i report dell’Asl definiscono «legalizzazione  sociale».  «Il consumo della cannabis espone i giovani a gravi rischi – spiega Gatti –. Questa sostanza è in grado di alterare il funzionamento dei meccanismi cerebrali. Per i  giovani, che stanno ancora sviluppando il loro apparato cerebrale, la situazione è preoccupante».  Bisogna fare poi i conti con le dinamiche di consumo. Sempre dall’ultima indagine dell’Asl di Milano, il 16% degli intervistati tra i 15-24 anni dichiarano di aver consumato cannabis, tabacco e di aver bevuto alcolici in modalità binge (le cosiddette «abbuffate alcoliche», ndr) nel mese precedente. Un fenomeno che però non viene percepito come pericoloso, forse perché riguarda proprio il consumo di sostanze legali (alcol e tabacco) oppure “sdoganate” socialmente dal mondo adulto (cannabis) «Questi consumi tendono a stabilizzarsi – avverte Gatti – È probabile che molte di queste persone, ora giovanissime, accorceranno in modo consistente le loro aspettative di vita e dovranno affrontare patologie molto gravi nel corso degli anni». Il quadro è molto meno rassicurante di quanto si possa pensare malgrado il silenzio - anche dei media - su questi temi. «Se fino a qualche tempo fa bastava un’analisi chimica delle acque reflue per capire come andavano i consumi oggi questo strumento non basta più», sottolinea Gatti. Perché si è enormemente ampliato il ventaglio di sostanze che possono essere utilizzate per ottenere lo sballo. E non serve nemmeno più rivolgersi a uno spacciatore: smart drugs e farmaci possono essere acquistati tranquillamente online. È il caso dei painkiller, i farmaci a base di oppiacei utilizzati nella terapia del dolore, che negli Usa sono alla base di un’emergenza che causa più decessi rispetto a cocaina ed eroina messe assieme. Un fenomeno che i ricercatori dell’Asl di Milano hanno già rilevato anche in Italia, dove un numero consistente di persone fa un uso improprio di questi farmaci, ignorandone la pericolosità. Un fenomeno che non può essere trascurato e che andrebbe monitorato, anche a scopo preventivo. Invece di lanciare, tra qualche anno, l’ennesima emergenza.
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