martedì 11 giugno 2013
​Prime dichiarazioni del neosindaco: sarò al fianco degli ultimi, i nuovi autobus vanno in periferia. La Capitale sarà guida morale per il Paese. Alemanno: colpa mia, il risultato è netto. (A. Picariello)
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«Gli autobus più belli che stanno per arrivare, quelli con l’aria condizionata, li metteremo nelle periferie. È da lì che bisogna ripartire, dagli ultimi, dalla solidarietà con chi è rimasto un passo indietro». Ignazio Marino - giacca blu, jeans grigi, camicia chiara senza cravatta - sale sul palco per festeggiare una vittoria schiacciante, Alemanno resta dietro quasi 28 punti, un’enormità. Una folla entusiasta, ma non oceanica - in linea con una campagna elettorale in sordina, in cui quasi tre quinti dei cittadini sono rimasti a casa - si è radunata in piazza di Pietra. Saranno poco più di un migliaio di persone, in grado di riempire però la piccola piazza a pochi metri da Montecitorio sede del suo comitato elettorale, una ventina le bandiere di "Marino sindaco", due o tre - non di più - le bandiere di partito, una sola di Sel. «Roma sarà la guida morale». E promette: Farò un’operazione trasparenza, tutti i cittadini dovranno conoscere il bilancio, abbatterò drasticamente privilegi e spese inutili».Si mostra consapevole del minimo storico raggiunto dalla credibilità della politica nella Capitale, epicentro della fuga dalle urne. «La mia sarà una buona politica che vuole risolvere i problemi e li risolverà», scandisce fra gli applausi. «Ascolterò tutti - è la prima indicazione di metodo - lavorerò sette giorni su sette e una volta a settimana andrò in periferia e sulle misure più importanti ricorrerò al voto dei cittadini», annuncia. Poi scende a salutare la gente, scherza con chi gli propone di darci sotto con un’allegra bevuta («faremo anche quello»), saluta anche una suora in sedia a rotelle con tanto di cartello inneggiante, «daje», lo slogan di Marino, come per esorcizzare, in romanesco, uno degli argomenti usati per tentare di sbarrargli il passo, la scarsa "romanità". Che però lui contesta: «Questa città l’ho abbracciata fin dagli anni ’60, ma mai avrei immaginato di diventarne il sindaco», dice, ricordando gli anni degli studi e della specializzazione al Gemelli. Ad abbracciarlo arriva entusiasta il segretario del Pd Guglielmo Epifani. Con lui Goffredo Bettini, demiurgo praticamente di tutti i sindaci di centrosinistra degli ultimi 15 anni.Non va in Campidoglio, Marino, perché - spiega - attende il passaggio di consegne ufficiali, fissato per oggi. Anche se altri suoi sostenitori ci vanno e si fanno sentire. Si va da un goliardico striscione: «Alemanno, lo vedi, ecco Marino», ai cori Bella ciao, che risuonano dal vivo ma anche sul sito del Pd con le ben note immagini della vittoria del 2008 in cui sulle scalinate del Campidoglio spuntò anche qualche saluto romano. Non manca il coro «Fuori i fascisti!».In realtà i principali protagonisti di questo scontro non abbandonano il fair play di rito. Non lo fa Marino, ma nemmeno il suo competitor che non aspetta molto per ammainare bandiera bianca, ai primi inequivocabili segnali del pomeriggio.  «Ho telefonato a Marino., Avrò massima lealtà istituzionale», comunica Alemanno poco dopo le 16. «Il risultato è netto ma c’è stata una bassa affluenza», cerca una piccola attenuante, il sindaco uscente. Che però si assume «tutta la colpa» sul terreno politico.Marino si rivolge a M5S e Alfio Marchini, anche «al sindaco uscente», e all’opposizione, auspicando «collaborazione sui temi concreti». Fair play, ma fino a un certo punto. «Abbiamo liberato Roma e ora rinascerà. Daje!», grida assecondando l’entusiasmo.
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