giovedì 1 febbraio 2018
I timori dei vescovi calabresi per le elezioni. L'appello alla partecipazione attiva e responsabile dopo l'incendio nella tendopoli di San Ferdinando
La tendopoli dopo l'incendio di sabato (Francesco Mollo)

La tendopoli dopo l'incendio di sabato (Francesco Mollo)

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I vescovi calabresi chiedono alle istituzioni di «superare la logica dell’emergenza» nell’affrontare il «fenomeno migratorio» che «non è più un’emergenza». Mentre sono «necessarie soluzioni che siano più rispettose della dignità del migrante».

Lo scrivono commentando l’incendio della tendopoli di San Ferdinando, nel quale è morta la giovane nigeriana Becky Moses, e la condizione dei lavoratori migranti di Rosarno. E lo fanno nel lungo comunicato al termine della sessione invernale della Conferenza episcopale calabra (Cec), presieduta dall’arcivescovo di Catanzaro, monsignor Vincenzo Bertolone. Documento nel quale «in riferimento al prossimo appuntamento elettorale nazionale», i vescovi «sollecitano i cattolici alla presenza e alla partecipazione attiva e responsabile» ma mettono «in guardia ogni cittadino e credente dal devastante pericolo del voto di scambio, spesso praticato e mai sufficientemente denunciato».

Sullo stesso fronte della legalità, i vescovi calabresi confermano anche per il prossimo biennio il «corso istituzionale su Chiesa e ’ndrangheta», istituito dalla Cec nel 2014 e destinato ai seminaristi, che sarà però rivisto pensando «una più opportuna strutturazione nei programmi e nella didattica ». Impegni importanti e parole forti, come quelle dedicate a quella che i vescovi chiamano la «cosiddetta 'tendopoli' di San Ferdinando dove sono andati distrutti accampamenti di fortuna». Pur riconoscendo «una maggiore attenzione delle istituzioni» invitano «vivamente a rafforzare tutti i presidi necessari per ridurre carenze e limiti strutturali».

L’elenco è lungo e comprende molti dei fatti denunciati da anni. In primo luogo «i tempi nelle operazioni dei controlli previsti», con chiaro riferimento alle lentezze burocratiche nelle risposte per le richieste d’asilo e per il rinnovo del permesso di soggiorno. Poi la necessità di superare la «parzialità dei servizi erogati, dai quali ancora molti restano esclusi» ma anche di impedire «l’allestimento di 'rifugi' pericolosi per i materiali usati (legna, plastica, cartone e simili), bonificando le zone ancora interessate». E contemporaneamente individuare altre aree e «assicurare a tutti strutture più sicure, tende e locali nel comprensorio ». Tutti questi, denuncia la Cec, sono «fattori negativi che vanno al più presto rimossi e decisamente eliminati».

Una presa di posizione importante, soprattutto in vista dei progetti per nuovi insediamenti, dei quali Avvenire ha scritto ieri, che appaiono ancora figli dell’emergenza. Proprio per questo, è la chiara richiesta dei vescovi, «urge superare un 'sistema' ormai consolidato, che resta ancora nella logica dell’emergenza, quando invece il fenomeno migratorio non è più emergenza» e «si rendono necessarie soluzioni che siano più rispettose della dignità del migrante».

In questo senso, «nell’intento di evitare che abbiano ancora a ripetersi fatti così tragici», i vescovi «auspicano una convergente e rispettosa collaborazione tra gli organismi responsabili e il volontariato». Segue la sollecitazione «alla presenza e alla partecipazione attiva e responsabile alle prossime elezioni», ma «nel sostenere tale importante impegno civico, si mette in guardia ogni cittadino e credente dal devastante pericolo del voto di scambio, spesso praticato e mai sufficientemente denunciato». Il rischio di condizionamenti, in particolare da parte della ’ndrangheta, non può però portare a rinunciare al voto. Così la Cec ripete il suo invito. «In un contesto politico e socio-economico così delicato, non è possibile rifugiarsi in atteggiamenti qualunquisti e superficiali. Si è invitati ad esercitare la propria capacità di scelta, affermando il diritto di voto come strumento imprescindibile per la crescita e il bene del Paese e delle realtà locali: non votare è lasciare che altri decidano per noi». E purtroppo in Calabria si sa bene chi possa essere.

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