venerdì 26 marzo 2021
Una “staffetta” tra credenti e non. Il cardinale Montenegro: “Se abbandono un cane rischio la multa, ma se lascio uomini in mare e muoiono non mi succede nulla”. Appello di padre Zanotelli
Digiuno per i migranti, “che trattiamo peggio degli animali”
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“Forse conviene essere animali per avere un trattamento diverso: se abbandono un cane per strada rischio delle multe, ma se lascio uomini in mare e muoiono non mi succede nulla. Siamo arrivati al punto di esternalizzare le nostre frontiere, e in Libiar rimandiamo indietro le persone, così non ci sporchiamo le mani". Con queste parole il cardinale Francesco Montenegro ha annunciato l’adesione alla staffetta del digiuno, a partire da lunedì della Settimana Santa. Una iniziativa «per far sentire l’indignazione e la protesta di fronte alle continue violazioni dei diritti di chi migra», hanno spiegato i promotori, tra cui padre Alex Zanotelli.

«Digiuno di giustizia in solidarietà con i migranti », spiega la rete “Casa Comune”, della famiglia comboniana, «per sottolineare - aggiungono i promotori - la dimensione politica di questo atto, condiviso anche da parte di religiosi nei monasteri, di cittadini nelle proprie abitazioni e da tanti gruppi. Lo scopo è quello di “condividere il digiuno forzato di milioni di persone che fanno la fame - osserva padre Zanotelli -, è un gesto di protesta contro un sistema profondamente ingiusto». Diseguaglianze che vedono nel Mediterraneo «un “mar nero”, un cimitero dei volti che bussavano alla nostra porta ma che sono periti in questo mare».

E proprio in tempo di Covid i diritti umani non possono essere un tema da trascurare con il pretesto della pandemia. Avverte il cardinale Montenegro: «È sull’immigrazione che si gioca il futuro e si misura la vitalità della società e della Chiesa». Proprio alla comunità cristiana e alle strutture ecclesiali si rivolge ancora l’arcivescovo di Agrigento, che accolse Papa Francesco a Lampedusa l’8 luglio 2013 per il primo viaggio del pontefice: «La Chiesa deve impegnarsi di più per dare compimento al messaggio del Papa, alla “Fratelli tutti”. E su questo tema, come su quello delle ingiustizie e delle povertà, non servono solo i convegni». Fondamentale è il ruolo della politica, che troppo spesso «considera ogni persona come un voto - aggiunge il porporato -, quando invece dobbiamo tornare a riaffermare la dignità degli esseri umani e riconoscere una verità scomoda: questa gente viene a riprendersi quello che noi abbiamo loro tolto, ma noi non vogliamo condividere». Purtroppo, "la politica che sappia guardare lontano non c’è, e l’immigrato - insiste l’arcivescovo - è diventato una categoria: se muore non ci da’ fastidio. Il Mediterraneo è diventato un cimitero liquido, le morti sono almeno 60.000, ma la nostra vita continua e non ci chiediamo mai quanto siamo responsabili di queste morti”.

Ogni persona, comunità, associazione può iscriversi e partecipare «come gesto radicale e nonviolento di difesa della vita e della dignità dei fratelli e sorelle migranti, in opposizione - spiega Antonio Soffientini, del "Cantiere Casa Comune” dei Comboniani - alla sazietà e all’indifferenza di un’economia che uccide e di un mondo che non si lascia più toccare dal dolore e dalle lacrime vere degli "scartati"». L’invito, perciò, è a digiunare ogni primo mercoledì del mese davanti alle prefetture e al Parlamento.

Alla conferenza stampa erano presenti alcuni dei testimoni più esposti contro le discriminazioni, la tratta, le nuove schiavitù e la promozione dei diritti, a cominciare da quello per la cittadinanza: Blessing Okoedion, presidente dell’Associazione “Weavers of hope”; Sonny Olumati, attivista del movimento “Italiani Senza Cittadinanza”; Marco Omizzolo, sociologo di Eurispes e presidente di "Tempi Moderni.

«Stiamo iniziando un tempo - ricorda ancora padre Zanotelli - che i cristiani chiamiamo Settimana Santa, con lo sguardo e il cuore rivolto al Crocifisso. Su quel Crocifisso, all’entrata del Palazzo Apostolico, Papa Francesco ha fatto mettere il salvagente di un migrante morto nel Mediterraneo, per ricordare a tutti l’impegno inderogabile di salvare ogni vita umana, un dovere morale che unisce credenti e non credenti». Da qui l’appello a guardare verso «i crocifissi di oggi, nel loro calvario sulla rotta sahariana, asiatica, balcanica, centroamericana, per trovarsi poi davanti a muri e fili spinati eretti dalle nazioni ricche. In migliaia sono torturati e le donne violentate nei lager libici. Condannati a morte nel Mediterraneo». Per dirla ancora con il cardinale Francesco Montenegro, "Cristo arriva su questi barconi e noi non lo vediamo”.

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