giovedì 17 maggio 2018
Il premier potrebbe andare i 5 stelle, la Lega sarebbe disponibile a patto che non sia Luigi. I due leader si vedranno ancora in Nord Italia
Rush finale. Salvini e Di Maio al tavolo delle trattative (Ansa)

Rush finale. Salvini e Di Maio al tavolo delle trattative (Ansa)

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Un grillino, purché non sia Luigi Di Maio. Matteo Salvini insiste sul no allo scranno di Palazzo Chigi per il capo politico del Movimento, e così la pratica del governo giallo-verde torna indietro. I delegati che hanno scritto il programma-contratto e che lo avevano consegnato con grande soddisfazione ai due leader, si vedono recapitare indietro il plico riveduto e corretto, ancora orfano di un "padre" disposto ad attuarlo. O meglio, i due azionisti dell’esecutivo che dovrebbe venire non concordano. Il segretario del Carroccio insiste e continua a mostrarsi prudente sull’esito della trattativa, che – almeno nelle intenzioni – dovrebbe rivedere i due al Colle dal presidente Mattarella di nuovo lunedì, con il nome del presidente del Consiglio in tasca. Ma per ora, al termine dell’ennesima giornata di incontri e telefonate, e alla vigilia di una che vedrà Salvini e Di Maio tra Aosta, Monza e Milano (dove i due si incontreranno in serata), resta solo il no del leghista alla premiership del suo nuovo compagno di strada. E un no all’autocandidatura. Però Di Maio resta ottimista, come dall’inizio della trattativa: «Stiamo ragionando sul premier. È una cosa che dobbiamo ancora dirimere, ma sono sicuro che troveremo una soluzione».

I due "contraenti", dunque, si rivedranno nella serata di venerdì. Di Maio sarà ad Aosta per chiudere la campagna elettorale e di ritorno si fermerà a Monza, passando per Milano, dove lo attende il leader leghista. Per ora, dopo il contratto, cominciano a riempirsi le caselle dei ministri, molti dei quali saranno tecnici, nella speranza dei due leader di accontentare le aspettative del presidente della Repubblica. Ma anche qui, come per il programma riveduto e corretto, bisogna attendere comunque il nome del presidente del Consiglio per decidere come calibrare le forze in maniera equilibrata. Se infatti a Palazzo Chigi andasse un grillino, Salvini andrebbe all’Interno e sarebbe vicepremier unico, con il suo fedelissimo Claudio Borghi sottosegretario alla Presidenza del Consiglio.

E però nulla è ancora deciso, stando alle cancellature che si notano sui fogli che circolano. Un’altra possibile combinazione vede Salvini premier, Di Maio agli Esteri (che nella prima lista vanno a Giampiero Massolo) e vicepremier unico, mentre sottosegretario alla Presidenza del Consiglio è il suo alfiere Alfonso Bonafede.

Quanto all’ipotesi (che Salvini non vuol prendere in considerazione) di Di Maio premier, dei venti ministeri, i più ambiti si sarebbero definiti in questo modo: alla Difesa un ex capo di Stato maggiore, l’ammiraglio Luigi Binelli Mantelli, alla Giustizia Alfonso Bonafede (M5s), all’Economia Giancarlo Giorgetti (Lega), allo Sviluppo Economico Laura Castelli (M5s), alle Infrastrutture e trasporti il geomorfologo Mauro Coltorti, al Welfare Pasquale Tridico (M5s), all’Istruzione il rettore dell’Università degli Studi di Milano Gianluca Vago, alla Salute Giulia Grillo (M5s), ai Beni Culturali Emilio Carelli (M5s), all’Ambiente Lucia Borgonzoni (Lega), all’Agricoltura Stefano Candiani (Lega). Alla Pubblica amministrazione è indicato il professore Giuseppe Conte, il cui nome è girato anche come premier, mentre il braccio destro di Di Maio, Vincenzo Spadafora va in quest’altra combinazione agli Affari Europei, la leghista Simona Bordonali agli Affari Regionali come il leghista Gian Marco Centinaio va al Turismo. Nel toto-nomi Roberto Calderoli sarebbe ai Rapporti con il Parlamento.

L’ex direttore di Sky tg24, Carelli compare ancora tra i possibili premier. Mentre spicca sempre la ridotta presenza femminile. All’Economia potrebbe andare un tecnico "d’area" M5s come Enrico Giovannini o Andrea Roventini, all’Istruzione il preside brindisino Salvatore Giuliano (M5s). Il tempo comunque stringe e Salvini sa che il capo dello Stato attende risposte: «Lunedì o si chiude oppure abbiamo fatto un enorme lavoro di cui qualcuno ci sarà grato». E aggiunge: «Ce l’abbiamo messa tutta. E la parola tornerà al presidente Mattarella».

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